Riccardo va all’inferno è un film di Roberta Torre che rivisita in chiave moderna il Riccardo III di Shakespeare. Un colore bianco quasi accecante irrompe sullo schermo; un ospedale psichiatrico scarno ed eccessivamenteilluminato ci trasporta in una bizzarra avventura all’insegna della musica e dei dissidi interiori di ciascun personaggio.
Il nostro Riccardo proviene da un fantastico Regno alle porte di una città di nome Roma, caratterizzato dagli stessi uomini ricchi e bramosi di potere che comparivano nell’opera originale. Il protagonista torna a casa dopo anni di cure mentali e la sua follia lo porta a compiere atti malvagi per conquistarsi il titolo di re.
Si comprende sin dalle prime sequenze che la recitazione degli attori rappresenta un elemento di fondamentale importanza per la messa in scena del musical. Le espressioni facciali dei personaggi sono eccessivamente e volutamente caricate; la follia emerge da ogni singola frase, pronunciata sempre in modo enfatico.
Roberta Torre definisce il film, durante la conferenza stampa, come una street opera o un dark musical ed in effetti a reggere la storia è soprattutto l’utilizzo di toni cupi (per quanto riguarda la scenografia e il trucco) e delle musiche realizzate da Mauro Pagani, che combinano vari generi.
La madre di Riccardo, interpretata da Sonia Bergamasco, è un personaggio chiave della storia. L’attrice è truccata in modo grottesco e innaturale, al fine di mostrare come la donna malvagia sia invecchiata e porti sulla pelle i segni delle malefatte compiute. “Un’anziana femminile, che non rinuncia a sé, ma si trasforma e si mostrifica”, così l’ha definita la stessa Bergamasco.
Riccardo, interpretato da Massimo Ranieri, è il primo e l’ultimo personaggio ad apparire sullo schermo, è il protagonista indiscusso degli accadimenti che si dipanano nel corso del film. Comprendiamo la sua inquietudine sin dalla prima inquadratura del suo volto bianco e scavato, una vera e propria maschera di deliri e follie.
Ma che cos’è il male? Questa è la domanda da porsi durante e dopo la visione del film. Il protagonista è apparentemente un simbolo della negatività, ma in realtà è circondato da persone avide, che gli hanno negato gli affetti più cari. “Mi lasciano sempre solo”, così il Riccardo bambino risponde alla mamma che gli chiede di pazientare e restare in ospedale. Una solitudine che diventa l’unica compagna di vita e si trasforma in vendetta e malvagità. La sua anima si denuda di fronte allo schermo e lo spettatore percepisce subito il senso di inadeguatezza che lo spinge a compiere quei miseri atti.
Le sfumature del male sono così sottili ed intense da non essere facilmente delineate e dunque Riccardo e Regina ne rappresentano due aspetti fondamentali. Il protagonista è folle, ma intorno a lui nessuno appare normale, la sua follia è una goccia in mezzo a un oceano di inquietudini malsane. Massimo Ranieri ha affermato in conferenza stampa che, leggendo la sceneggiatura, questo Riccardo gli ha ricordato Nosferatu, ma mentre il personaggio di Murnau si abbeverava di sangue, quello della Torre si abbevera di un amore mancato.
L’escamotage del musical fa in modo che il protagonista mostri il suo lato più sincero attraverso la canzone, rendendo meno spaventoso il suo io più malato e vendicativo.
La falsità e la menzogna diventano un mezzo per difendersi dall’amore negato. Le carte in tavola vengono mescolate e lo spettatore, disorientato, non sa da che parte stare. Intanto Riccardo ride di gusto sapendo che l’inferno lo accoglierà in un abbraccio eterno.