In un futuro distopico in cui per fronteggiare la sovrappopolazione terrestre i governi applicano una rigorosa politica del figlio unico, sette gemelle vivono la loro esistenza nascoste, uscendo di casa ciascuna in un unico giorno della settimana, quello corrispondente al proprio nome, e assumendo un’unica identità a cui ognuna di loro apporta parte del proprio essere: Karen Settman.
Tutto sembra procedere normalmente, finché un lunedì Monday non fa ritorno a casa.
Il film (a cura di Raffaella De Laurentis) era inizialmente concepito con sette gemelli maschi come protagonisti; tuttavia Tommy Wirkola fece modificare la sceneggiatura per poter chiedere a Noomi Rapace di interpretare le sorelle.
L’attrice è riuscita con la sua performance totalizzante ed estremamente introspettiva (ha dichiarato, durante la conferenza stampa, di aver scavato dentro se stessa e individuato una delle gemelle per ogni fase della sua vita) a rendere credibili tutti i personaggi da lei interpretati, trattando ognuna delle sorelle come se fosse la vera protagonista dell’opera.
La recitazione di Noomi e l’abilità del make-up artist Giannetto de Rossi, insieme ai costumi scelti per ognuna delle gemelle, non risultano tuttavia sufficienti a colmare tutte le lacune lasciate dalla sceneggiatura, la quale appare incapace di restituire allo spettatore dei caratteri poco più che bidimensionali.
What Happened to Monday si configura dunque come un film di fantascienza dall’ottimo potenziale non completamente sviluppato;
i flashback sull’infanzia delle protagoniste risultano mutilati, incapaci di offrire reali squarci sulle individualità delle bambine e su come si siano sviluppate, mentre il tema della necessità di far emergere la propria personalità anche all’esterno della casa, di crearsi una famiglia e degli amici viene solamente sfiorato e poi relegato di nuovo in un angolo, fino alla rivelazione finale (che lascia per questo motivo una sensazione di incompletezza nello spettatore).
Il film procede comunque con un ritmo sostenuto, le scene d’azione sono ben costruite (degno di nota è anche il lavoro svolto da Bryan Jones, responsabile degli effetti speciali) e la contrapposizione tra gli esterni claustrofobici – in cui le protagoniste sono costrette ad assumere un’identità estranea – e l’appartamento ampio – in cui ognuna può esprimersi completamente – è efficace nel trasmettere le emozioni provate dalle sorelle.
Il risultato finale è dunque un film gradevole, che tiene lo spettatore con il fiato sospeso e riflette su temi seri.