Al Torino Film Festival c’è spazio anche per i cortometraggi. La sezione Il continente misterioso di Italiana.corti quest’anno ha come fil rouge il viaggio introspettivo di un uomo che tenta di riscoprire e comprendere se stesso attraverso un dialogo intimo con la natura e con l’immagine.
Apre la sezione, fuori concorso, il videoclip musicale Sogno l’amore, concepito e realizzato dalla giovane Francesca Noto e dal cantante Andrea Lazlo De Simone, un’illustrazione in bianco e nero dell’omonimo brano del cantante tratto dall’album d’esordio da solista, Uomo Donna. Ambientato ad Agrigento durante la processione nel giorno della Pasqua, il videoclip instaura un parallelismo tra la passione d’amore e la processione religiosa: la passione è qui intesa, dice il cantante, come un sentimento travolgente “verso qualcosa che può anche non esserci, come un Dio, nel mio caso”. Francesca Nota ha scelto i volti del padre e della madre per raccontare un amore che lotta per sopravvivere, annichilendo il doloroso confine tra vita e morte, mentre la voce di De Simone vibra, graffiata: “Non c’è nessuno, ho amato un’ombra”.
Chiara Malta apre il concorso con Storia di Stefano (da allora detto Tetano), felice di poterlo “battezzare” per la prima volta a Torino. Due sono state le ricerche, ci racconta: una sull’infanzia, già affrontata nei lavori precedenti, sempre a partire dal volto dei bambini, per esplorare il loro universo; la seconda ricerca ha come oggetto la natura nella sua fisicità e spiritualità. Storia di Stefano è il frutto di sopralluoghi sull’Appennino toscano, per trovare la giusta location in cui mettere in scena un adattamento di Tetano di Alessio Torino. “Ho scritto una sorta di prologo al libro per capire come filmare la natura, come farla parlare”: proprio di un dialogo si tratta, intimo e toccante, tra il piccolo Lulu e la natura che si anima e risponde ai suoi quesiti. Corto molto suggestivo, sospeso tra una delicata rêverie e un percorso di riscoperta del rapporto primordiale uomo-natura.
Segue Il sentire dell’occhio di Alessia Cecchet, presentato dall’autrice come un’opera aperta e completamente sperimentale: un’esplorazione visiva che analizza il ribrezzo dell’uomo nei confronti dell’animale morto. Intenso il lavoro sull’immagine e sulla percezione che dell’immagine ha chi la guarda. Non c’è narrazione, ma solo un intenso dialogo estetico con lo spettatore.
The Riddle di Francesco Dongiovanni sceglie la scienza come supporto ad uno studio dell’immagine finalizzato a decifrare l’enigma della vita. Il titolo prende spunto dall’opera The Riddle of the Universe di Ernst Haeckel, raccolta di litografie che illustrano i suoi studi sulle relazioni “genealogiche” fra tutte le forme di vita. Il collage di disegni e riprese dal vivo della natura, del regno animale e umano, ripercorre l’evoluzione della vita in tutte le sue forme.
165708 è un salto nel passato: Josephine Massarella studia la materialità dell’immagine attraverso la manipolazione della pellicola tra viraggi di colore, sovraesposizioni e tagli. Interessante la scelta di tornare al bianco e nero, ma soprattutto di farlo in 16mm.
Chiude la sezione Esseri di Tommaso Donati, un viaggio nell’universo di un animale-mostro, il pipistrello, ibrido tra quadrupede e volatile. Lo sguardo del registra insegue l’animale nel suo habitat naturale, restituendoci le tenebre della notte attraverso un’immagine dark ma pulita e suggestiva.