A qualche anno di distanza da Spring Breakers, Harmony Korine torna in Florida – intensa come un possibile sintesi dei miti e del modus vivendi americani – con The Beach Bum, film che evidentemente intrattiene significativi legami con il precedente.
Se Spring Breakers portava alle estreme conseguenze la figura della studentessa americana tipica che si è impressa nell’immaginario comune anche grazie al cinema – utilizzando quegli stessi volti e corpi che hanno contribuito a diffonderne il mito, come Selena Gomez e Vanessa Hudgens – con l’ultimo film Korine fa il verso da un lato al “fattone”, dall’altro all’intellettuale scapigliato del ventunesimo secolo. Anche in questo caso è il mondo dello spettacolo a offrire i volti e tutti gli elementi funzionali alla costruzione dei personaggi: su tutti la figura di Snoop Dog che rappresenta se stesso, o meglio, la sua immagine mediatica, offrendo anche alcuni elementi per la definizione del protagonista che, non a caso, si chiama Moondog. Da questo punto di vista, anche la scelta di Matthew McConaughey, sempre fantasticamente sopra le righe, sembra legata al fatto che il suo personaggio rappresenta una sorta di sintesi di una carriera attoriale difficilmente classificabile in modo unitario. A completare l’affresco, una serie di attori da Jonah Hill a Zac Efron, che si portano dietro, in una scia di profumo, vari ruoli che hanno interpretato.
Non sono solo gli attori a creare senso nel film di Korine; nella sua operazione critica della società americana e dell’immaginario da essa veicolato, contribuisce soprattutto la narrazione allucinata e allucinogena, rapsodica ed episodica, che sembra non avere uno sviluppo lineare nonostante sia, quasi classicamente, costruita in tre parti. Poeta beat fuori tempo massimo, Moondog viene presentato attraverso una serie di scene che arrivano a costruire il suo personaggio per addizione, tra orgasmi divertiti (e divertenti), bagni nell’alcol o in piscina con gli occhiali da sole. Evidentemente, anche dopo l’evento che rompe l’equilibrio iniziale, il personaggio non evolve, né si “redime” nella clinica di riabilitazione. E, tuttavia, riesce a raggiungere il suo scopo e a ristabilire la situazione iniziale: pubblica il suo nuovo libro, che in definitiva è il suo capolavoro, e ottiene l’eredità lasciatagli dall’adorata moglie, sebbene si tratti di una situazione assolutamente fugace – come indica il titolo italiano del film, Una vita in fumo.
D’altra parte, se la fine di Spring Breakers sanciva la fine di quello stile di vita, di quel mito e di quell’immaginario, il tono decisamente più scanzonato di The Beach Bum sembra essere nettamente meno critico o pessimista. Anzi, il film, con le sue situazioni euforiche ed euforizzanti, sembra preannunciare il finale e la sua deriva in una dimensione edonistica e individualistica. Insomma, The Beach Bum, nella sua frammentarietà, va goduto per quello che è, ovvero un inno alla libertà, un rifiuto dei canoni prestabiliti, canto di uno degli autori indie più eccentrici e difficili da etichettare.
Elio Sacchi
Il film è disponibile su CHILI