Nell’inverno del 1974, Werner Herzog viaggiò a piedi da Monaco di Baviera a Parigi per salvare la vita della sua amica e mentore, la critica cinematografica Lotte Eisner, gravemente malata. Un simbolico atto d’amore che il regista raccontò nel libro Sentieri nel ghiaccio (Of Walking on Ice). In questo documentario, presentato fuori concorso nella sezione TFF Doc Paesaggio del 38° Torino Film Festival, Pablo Maqueda prende spunto dallo scritto di Herzog e ne ripercorre le tappe in un cammino a metà tra il travelogue e il romanzo di formazione, che diventa occasione per riflettere sul senso del fare cinema oggi.
Con una videocamera fissata all’altezza degli occhi, il regista attraversa in totale solitudine i luoghi descritti da Herzog nel suo libro, mostrandoli attraverso lunghe soggettive. Mentre si vedono sentieri di montagna innevati, foreste avvolte nella nebbia e villaggi che sembrano usciti dal Nosferatu di Murnau, la voce fuori campo di Maqueda confida allo spettatore pensieri e riflessioni sul suo rapporto conflittuale con il cinema, sulla gioia per i progetti realizzati, ma anche sulla frustrazione per i fallimenti e per i rifuti ricevuti durante la sua carriera.
Gli argomenti sono collegati, di volta in volta, alle diverse emozioni suscitate dai luoghi attraversati. Alla sua voce, si alterna quella di Werner Herzog in persona, che legge degli estratti di Sentieri nel ghiaccio.
Maqueda non si è limitato a citare i brani del libro, ma ne ha colto l’essenza. Herzog non si è soffermato tanto sulle descrizioni dei luoghi visitati, quanto sulle emozioni che questi suscitavano in lui. Il regista spagnolo ha fatto la stessa cosa, l’ha solo trasposta su un livello visivo. Lo spettatore cammina idealmente insieme a lui ed è catturato dall’atmosfera espressionista e onirica dei paesaggi. In fondo, sono questi ultimi ad avere sempre l’ultima parola.
Il tono generale è reso ancora più suggestivo dallo splendido lavoro fatto da José Venditti con le musiche, che riescono a cogliere i diversi stati d’animo suggeriti dalle immagini.
Maqueda presenta il cammino mostrato nel documentario come una metafora della sua vita. Ogni esperienza, anche la più negativa, lo ha reso ciò che è adesso. In questo senso si trovano delle analogie con il romanzo di formazione.
Seguire le orme di Werner Herzog significa seguire quelle del cinema stesso. Non a caso, una delle ultime tappe del viaggio è la Cinemàtheque Française, il santuario della cinematografia mondiale, fondato da Henri Langlois e Georges Franju anche con la collaborazione della Eisner.
Dear Werner non è solo il racconto di un allievo sulle tracce del maestro, Si può interpretare come una riflessione metanarrativa sulla creazione delle immagini o come una dichiarazione d’amore incondizionato nei confronti di Werner Herzog e Lotte Eisner. Si presta a più livelli di lettura, tutti sovrapponibili tra loro. In ogni caso, il miglior modo per coglierne il significato è in una frase pronunciata da Maqueda durante uno dei suoi monologhi: “Fare film è un cammino. Non importa se sei il primo o l’ultimo, l’importante è continuare a camminare”.
Sirio Alessio Giuliani