“Pino” è il titolo del documentario realizzato da Walter Fasano per la storica acquisizione di una delle più significative opere di Pino Pascali da parte del Museo di arte contemporanea a lui dedicato a Polignano a Mare, paese natio dell’artista. Un titolo che in quattro lettere evoca l’anima viva e prorompente di un artista che ha profondamente segnato l’arte del dopoguerra italiano. L’opera in questione, “Cinque bachi da setola e un bozzolo” (1968), da Roma torna finalmente “a casa” nel 2018 in un racconto per immagini fotografiche che si ispira a “La Jetée” di Chris Marker.
Il giovane Pino, nel pieno della sua carriera, muore tragicamente a seguito di un incidente in motocicletta nel 1968. La sua ultima pregnante stagione creativa si presenta a noi tramite le fotografie d’epoca di Elisabetta Catalano, Claudio Abate, Ugo Mulas e Marcello Colitti. Ed è così che il racconto si divide tra un passato e un presente che si amalgamano: le fotografie e i filmati degli anni Sessanta, gli straordinari scatti di Pino Pascali e quelli realizzati nel presente da Pino Musi sottraggono il racconto al dominio del tempo così come i suoni, registrati oggi e poi “invecchiati” e riproposti come ritrovamenti del passato.
Il racconto è narrato abilmente da Suzanne Vega, Alma Jodorowsky e Monica Guerritore: le loro voci danno ulteriore vigore alle immagini nell’ennesima fusione tra ciò che è passato e ciò che è presente. Tutti gli elementi sono in tale armonia che il racconto non è dato da ognuno di essi ma esclusivamente dalla loro unione. Il risultato è magistralmente fluido, ancor più grazie al potente bianco e nero. Ne è un esempio notevole il montaggio parallelo tra il trapano che apre le casse dove è contenuta l’opera e Pino che “nasce” dalla sabbia e si tira fuori da essa sul rumore del trapano stesso: il ritorno dell’opera a Polignano a Mare è come una seconda nascita di essa, un suo venire alla luce dopo cinquant’anni, una resurrezione dell’artista.
Nel documentare l’acquisizione dell’opera da parte del Museo Pascali, il regista Walter Fasano si è posto l’obiettivo di “allargare gli orizzonti del racconto e provare a evocare possibili contenuti ‘altri’ ”. L’intento è senza dubbio chiaro e ben riuscito in quanto ciò che poteva essere una semplice cronaca dei fatti diventa un’opera multidimensionale che scava nell’animo dell’artista prematuramente scomparso e lo celebra propriamente.
Come l’arte e la personalità di Pino Pascali, il documentario risulta ordinatamente vorticoso, dando spazio sia ad una solenne riflessione che ad una stimolazione pluridirezionale tra le più estrose. Ciò che è certo, dopo aver conosciuto l’animo di Pino tramite il film, è che a lui sarebbe indubbiamente piaciuto.
Alice Ferro