“Niente potrà tornare / a quando il mare era calmo” recita Conchiglie, seconda canzone di Andrea Laszlo de Simone ad avere un ruolo centrale in un film di questo 40° Torino Film Festival, dopo Immensità ascoltata in Coma di Bertrand Bonello. E ad agitare le acque della vita del giovane liceale Lucas è l’improvvisa morte del padre (interpretato dallo stesso Honoré), che scatena un’onda d’urto capace di mettere a dura prova la tenuta della famiglia e far emergere zone d’ombra a lungo represse.
L’elaborazione del lutto si mescola con la ricerca dell’identità e, come sempre nel cinema del regista francese, con la presenza di un corpo pieno di desiderio, sempre in bilico fra il donarsi agli altri e il respingerli. È attraverso il corpo che Lucas prova ad esorcizzare il dolore, in un’esaltazione sessuale che vuole negare la frattura, riprendere le fila della sua vita là dove si era interrotta. Una resurrezione dirompente che cerca di arrivare senza passare attraverso le stazioni della croce del lutto, senza fare i conti con le proprie fragilità: un rosa diffuso inonda il film, come un rosso tenuto a bada e silenziato che non riesce a esplodere con violenza se non in solo due scene. La narrazione è affidata alle parole del protagonista, che punteggiano a posteriori la cronologia confusa delle emozioni e degli eventi: Lucas si confessa allo spettatore da un luogo impersonale, introspettivo, che segna forse l’inizio del suo percorso di guarigione.
In Le lycéen, come anche nel precedente Plaire, aimer et courir vite, il contesto politico e sociale non entra nel film che per brevi accenni (al Bataclan e alla questione migratoria) subito accantonati, per lasciare spazio allo strapotere della vicenda esistenziale. E come nei due film precedenti anche in quest’ultimo ha un ruolo di primo piano Vincent Lacoste, ormai vero e proprio attore feticcio di Honoré, che va a supportare l’esordiente Paul Kircher nel ruolo principale. Le lycéen è un film dolceamaro, che mescola sapientemente la vitalità adolescenziale e la disperazione, e che trova nella comprensione del dolore degli altri la via per guarire sé stessi.
Irma Benedetto