Tracciare i confini di una mappa significa indagare il mondo conosciuto e, soprattutto, rivolgere il nostro sguardo verso l’ignoto. Ruotano intorno a questo le domande che Andrea Gatopoulos lascia che l’intelligenza artificiale ponga a David Rumsey, uno dei più grandi collezionisti di mappe del mondo. Il primo lungometraggio del regista abruzzese conclude una trilogia dedicata al rapporto tra uomo e macchina costituita dai due cortometraggi Happy New Year, Jim (2022) ed Eschaton Ad (2023).

La cartografia è una scienza che coesiste con la storia e con l’arte, tanto che David chiama la sua collezione Maps Poem, una raccolta che diventa essa stessa opera d’arte nel momento in cui genera nuovi mondi, come quello costruito dallo stesso cartografo nella piattaforma Second Life. Dal 2003 questa realtà virtuale e tridimensionale è infatti l’isola privata di David, nella quale spicca un gigantesco museo che ospita la sua collezione all’interno di un edificio cilindrico sprovvisto di una copertura superiore. All’interno di questo metaverso è possibile fluttuare tra le mappe oppure soffermarsi su una di esse, ingrandirla, studiarla o addirittura riviverla: un progetto visionario che sembra costituire l’essenza dello studio del mondo virtuale, che assume i contorni di un’esplorazione non dissimile da quella che i navigatori hanno vissuto andando alla scoperta del nostro pianeta.

David però vive solo parzialmente in questo universo parallelo, il resto delle sue giornate lo passa in California, cercando nuove carte da acquistare per accrescere la sua opera “infinita” ed esplorando i paesaggi degli Stati Uniti. In questo dialogo tra luoghi ed entità differenti Gatopoulos trova la sua posizione mantenendo la macchina da presa a debita distanza, riuscendo nell’arduo compito di mappare tridimensionalmente lo sterminato spazio che ci circonda, sia esso fisico o virtuale.

Enrico Nicolosi

articolo pubblicato su “la Repubblica” il 28 novembre 2023