“ANULLOJE LIGJIN” DI FABRIZIO BELLOMO

Il mare, un cumulo di terra e alcuni edifici sono le immagini di apertura di Anulloje Ligjin, un documentario che tocca con i guanti la realtà misteriosa di un paese che per quarant’anni è stato isolato dal resto del continente europeo.  L’Albania, nel film di Fabrizio Bellomo, viene mostrata in tutta la sua desolazione, le sue incongruenze, ma anche la sua profonda  e tribale energia creativa e di resistenza.

Attraverso un road movie a bordo di una vecchia Fiat Panda, la storia dei monumenti sembra raccontare tanto il passato quanto il presente del paese, in una continua transizione politica e culturale. Lo stile del Realismo Socialista, che caratterizza artisticamente la dittatura comunista di Enver Hoxha, diventa il pretesto per una riflessione sul significato dell’arte e del suo legame con la politica, soprattutto in relazione a un regime che per quarant’anni ha soffocato ogni tipo di libertà, escludendo il paese e i suoi abitanti dal resto del mondo.

Bellomo intervista gli artisti che hanno realizzato le opere di quel periodo, come la statua colossale del dittatore, divenuta poi il simbolo della liberazione del paese nel 1991, quando è stata abbattuta. Luan, compagno di viaggio del regista, parla di un’Albania che, entrata nel vortice capitalista e liberale della globalizzazione, sta attuando una politica che segue la logica del ‘buttare via il vecchio’ per cui le architetture e i monumenti vengono distrutti per essere completamente ricostruiti secondo gusti ed estetiche che seguono un nuovo corso politico. Contemporaneamente, le parole degli artisti che, sotto il regime, avevano lavorato alla costruzione di alcune opere, contribuiscono a innalzare il discorso su un piano intellettuale. Uno dei tre artisti che ha realizzato la statua del dittatore esplicita come l’arte, essendo politicizzata, non possa non avere dei limiti e, di conseguenza, pone l’accento sul ruolo della memoria che essa ha.

Una ricerca spasmodica di libertà del popolo albanese che procede tramite un continuo processo di costruzione e decostruzione, senza mai arrivare a una svolta. Ciò è evidente fin dalle sequenze iniziali del film: i materiali d’archivio dell’Istituto Luce mostrano la presenza fascista in Albania, per poi soffermarsi sull’affermazione della dittatura comunista. Infine, riportano il discorso del primo ministro Edi Rama che, parlando delle rivolte che hanno causato l’abbattimento di una statua, promette la ricostruzione ogni volta più grande del monumento. Una dichiarazione che, più che una rassicurazione, appare una nemmeno tanto velata minaccia che sancisce il legame tra la politica e l’arte.

Asia Lupo

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