“LES BARBARES” DI JULIE DELPY

Che cos’è secondo te il razzismo? Dietro una semplice domanda rivolta a dei bambini di una scuola elementare si possono nascondere secoli di discriminazioni e pregiudizi reiterati dalla paura dell’ignoto, di ciò che non si conosce o che, per ignoranza e ottusità, si teme di conoscere. Gli sguardi puri e innocenti dei bambini tendono tuttavia ad osservare il mondo in modo diverso rispetto agli adulti, trasformando una realtà spesso deludente nella più fantasiosa ed idilliaca delle favole. Ed è proprio con il classico “c’era una volta” che inizia Les Barbares di Julie Delpy: uno spettacolo teatrale, una farsa spietata attorno alla quale volteggiano dei personaggi al limite del surreale, maschere grottesche della società contemporanea.

La vita dei pittoreschi abitanti di Paimpont, verde e rigogliosa cittadina della Bretagna, cambia radicalmente quando la giunta comunale decide di accogliere una famiglia di rifugiati ucraini in fuga dalla guerra. Purtroppo, a detta del sindaco Sébastien, quella per assicurarsi i profughi dell’est è un’ardua lotta, dal momento che “gli ucraini sono molto richiesti sul mercato europeo dei rifugiati”. Il compiacimento generale che investe il paesino in festa si tramuta in parziale disappunto quando si scopre che la famiglia pronta a trasferirsi proviene in realtà dalla Siria.


Che sia attraverso la fotocamera di un cellulare o tramite le riprese di una troupe televisiva locale, Julie Delpy – sia regista che attrice – offre diversi sguardi e rovescia continuamente i punti di vista dei personaggi, fornendo molteplici spunti di riflessione sul perbenismo e sulle convenzioni puramente di facciata della nostra epoca.

Se, da un lato, la suddivisione in cinque atti – ognuno dei quali identificato da un dipinto differente – scandisce la teatralità della rappresentazione ed enfatizza le caricaturali vicissitudini degli abitanti, dall’altro la definizione di una comédie parodistica contribuisce a deridere con pungente sfrontatezza il bigottismo e l’ipocrisia occidentali, riuscendo a non perdere efficacia nonostante il lieto fine dal carattere fiabesco. “Via i barbari!” è la frase che sfregia non solo metaforicamente la nuova vita della famiglia appena giunta in città: ma su chi siano i veri barbari della vicenda ci sono davvero pochissimi dubbi.

Emidio Sciamanna

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