“WALTZING WITH BRANDO” DI BILL FISHMAN

Se nel corso della 42esima edizione del Torino Film Festival, dedicata a Marlon Brando, il pubblico ha avuto modo di rivedere i personaggi più celebri interpretati dall’attore sul grande schermo, a chiudere il festival è stato scelto un film che abbandona la visione di Brando come attore, per mostrarlo come persona.

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Waltzing with Brando racconta un intervallo preciso della vita di Brando (Billy Zane), che al culmine della propria carriera, negli anni ’70, decide di costruire un resort su un’isola tahitiana, collaborando con l’architetto Bernand Judge (Jon Heder).
L’opera esplora la personalità del noto attore, che viene qui ritratto come un uomo comune (o, perlomeno, nel tentativo pervicace di vivere la vita come se lo fosse), amante della natura e della tranquillità, con il grande sogno di rimanere per sempre a Tahiti. Sprezzante, ironico, spesso polemico, il Brando che viene proposto sullo schermo riesce a divertire perché messo allo stesso livello dello spettatore, senza riverenze.

Il mondo di Hollywood è un abbaglio lontano. Rievocato talvolta dal punto di vista critico dell’attore, che si scaglia contro esso denunciandone l’ignavia e i falsi miti, non è in grado di raggiungere le spiagge paradisiache in cui Brando trascorre le giornate. Persino nelle poche scene ambientate sul set – che aprono uno squarcio su un Brando ironico, dal talento spontaneo, straordinariamente affabile – le logiche industriali sembrano non intaccare l’atmosfera giocosa propria delle scene tahitiane.

Il vero protagonista, però, è Bernard Judge, caratterizzato da una social awkwardness a tratti eccessivamente sopra le righe. L’irriverenza metacinematografica a lui affidata – spesso si rivolge direttamente al pubblico rompendo la quarta parete – si accorda debolmente all’atmosfera concreta del film, e rende ancor più parossistico un personaggio che subisce impietosamente (benché programmaticamente) il confronto con Brando, dotato invece di un’ironia sottile, congeniale alla narrazione, e riportato in vita grazie all’impressionante somiglianza che Billy Zane è in grado di intercettare.

Le divertenti vicende dei protagonisti sono incorniciate in vere e proprie cartoline tinteggiate da colori caldi, che mostrano una Tahiti accogliente e calorosa. Tuttavia, sebbene il film rallegri e colga nel segno con le taglienti critiche politiche, la storia sembra spesso arenarsi in sottotrame inutilmente allungate, impoverendo la trama principale, che risulta infine priva di forza e sostanza.  

Pietro Torchia

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