Se sei cerchio non puoi nascere quadrato (o triangolo); ma puoi provare a cambiare e a pensare con la tua testa. In New Group, il regista Yuta Shimotsu mostra giovani liceali ligi al dovere, chiamati a reattività e performatività ad alti standard; ragazze e ragazzi che devono obbedire a regole prescritte e imposte dagli adulti, che sanno meglio e prima di loro come inserirsi nella società. Infatti, far parte di un gruppo è altamente necessario per non sentirsi esclusi e fuori dal coro. In New Group l’orrore, tuttavia, non si avvale dei facili cliché caratteristici del genere di riferimento. Sono i sottili confini che permeano la normale ordinarietà a rendere inquietante e brutale un sistema gerarchico soffocante e disfunzionale, nella sua messa in opera estrema.
Presentato alla 25ª edizione del TOHorror Fantastic Film Fest, il film di Yuta Shimotsu sfrutta lo sguardo semisoggettivo – dunque non propriamente affidabile – e vacuo della giovane protagonista Ai (Anna Yamada). Insieme al nuovo compagno di classe Yu (Aoki Yozu), evidentemente un outsider, la protagonista deve far fronte a una situazione insolita: una piramide umana, alla quale prendono parte i loro stessi compagni, comincia a formarsi nel giardino della scuola. Tuttavia, l’assurdità della situazione non sembra interessare il personale scolastico, che anzi ne incoraggia la partecipazione collettiva, con autorità e fermezza. Il clima di violenza che ne consegue evidenzia il senso di alienazione della giovane Ai, già restia ed insicura a seguire orme tracciate da altri. Contemporaneamente acuisce il suo disagio interiore opprimente, vissuto tra le mura non rassicuranti di casa. Ed infatti, la parabola narrativa della protagonista culmina con la presa di coscienza del lutto famigliare, che la perseguita giorno dopo giorno: la perdita della sorella minore non elaborata dai suoi genitori.
Coreografica e visivamente magnetica, questa nuova opera horror si erge come un ponte di collegamento ideale con il film d’esordio di Shimotsu, Best Wishes to All, in cui ancora una volta gli obiettivi tematici conducono a un’unica e chiara riflessione: l’eterna divisione tra individualità e collettività e l’ineluttabile scontro generazionale che ne consegue. La visione critica che traspare dalla pellicola raggiunge il suo apice nella battaglia finale, in cui la timida e sensibile Ai si ribella allo schema piramidale e si presta a inscenare una vera e propria final girl, criptica e incline a dominare e non a essere dominata.
New Group di Yuta Shimotsu si rivela così un’opera densa di significato, registicamente elettrizzante e accattivante sul piano estetico, anche grazie allo sfruttamento di un cliché vincente, che nella sua allegoria esalta la dicotomia tra giovani ribelli e adulti autoritari: uno scontro tra kaiju, eco di quelli passati e celebri della storia del Cinema. Questa volta però kaiju più “collettivi” e più “geometrici”.
Alessandra Sottini
