“DRACULA” DI RADU JUDE

Un regista chiede all’IA di generare diverse storie su Dracula per trovarne una che racconti il mito in modo originale. Riuscirà nell’impresa?

Il film presenta tutte queste storie come digressioni che interrompono senza soluzione di continuità la linea narrativa principale: una caccia a due vampiri. Il risultato è un collage caotico e sfacciato, in pieno stile Radu Jude, ormai celebre per le sue opere che criticano il perbenismo della società.  Le didascalie, che rievocano l’estetica del cinema muto, guidano lo spettatore in mezzo alla confusione, ma la logica di fondo è chiara: Jude vuole mettere in discussione ancora una volta la Romania e in particolare i retaggi culturali del paese, la repressione sessuale, il capitalismo e la mercificazione. Conferma così di essere uno di quegli autori che nei film rielabora idee e letture che rendono la sua poetica sempre riconoscibile. E qui più che mai.

Dracula tratta il tema del vampiro, uno dei miti della cultura romena, in modo prismatico: dalla dissacrazione del Nosferatu di Murnau – che viene utilizzato come spot pubblicitario – al vampiro come emblema del capitalismo che “succhia il sangue ai proletari. Non mancano i cenni storici: Vlad “l’impalatore”, da cui deriva l’iconografia di Dracula, è passato alla storia come un sovrano che uccideva i poveri per creare una società di ricchi. A questo si collega il finale del film, con una digressione ambientata nel mondo di oggi, in cui una bambina, durante una recita scolastica, invoca il ritorno di Vlad perché la nazione è in miseria e sente il bisogno di qualcuno che riporti ordine: la descrizione assomiglia a quella di un dittatore che prende il controllo in un momento di crisi (i regimi di Hitler e di Ceausescu hanno ancora influenza sull’attualità romena).

In tutto ciò, la funzione dell’IA è di provocare: immagini reali e immagini realizzate con l’intelligenza artificiale si alternano fino a compenetrarsi. Laddove le prime perdono di definizione, con zoom che rendono visibili i pixel, arrivano le seconde a colmarne i limiti. Qualsiasi idea è rappresentabile: basta dare un prompt al dispositivo elettronico. La provocazione sta nell’accettare o meno l’uso dell’IA nel creare dei pezzi (le varie digressioni) che, assemblati insieme, costituiscono il film. Dracula può mettere a dura prova lo spettatore se non si cerca un principio unificatore alla frammentarietà, ma l’aspetto più stimolante è vedere come Jude riesca ancora una volta a dissacrare il mito utilizzando linguaggi diversi e una miriade di riferimenti. E come dice il regista guardando in macchina «Se al pubblico non piace, che faccia di meglio se ci riesce».

Andrea Dosio

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