“THE GARDEN OF EARTHLY DELIGHTS” DI MORGAN KNIBBE

Presentato nel concorso lungometraggi del 43° Torino Film Festival, The Garden of Earthly Delights di Morgan Knibbe indaga il legame tra corpo, città e identità. Nel Red Light District di Manila si intrecciano le storie di Ginto, ragazzino che sogna un’ascesa criminale accanto all’amico di cui è segretamente innamorato, e Michael, turista olandese che approda nelle Filippine finendo per abbandonarsi ai suoi impulsi più oscuri e diventando il simbolo di un privilegio bianco che continua a esercitare potere su corpi vulnerabili.

Il film si apre e si chiude con l’immagine di Ginto che corre, fugge, cercando un altrove che non arriva mai. Questa cornice crea una struttura circolare che abbatte l’idea dell’avanzamento temporale. Manila si trasforma così in un luogo senza sviluppo né memoria, dove i personaggi vagano in una sospensione indecisa tra futuro e passato. La città, collocata in un non-tempo, diventa in questo modo il non-luogo per eccellenza. La sequenza che alterna la scena di Michael tra le delizie del turismo sessuale, a quella di Ginto estasiato dagli intrattenimenti offerti da un centro commerciale, è esplicativa. Manila, fuori dal tempo e dallo spazio, diventa una terra misteriosa e selvaggia esente dalle leggi e dalla morale. Ciò mette in luce le conseguenze del colonialismo occidentale, che ha trasformato gli abitanti della città in corpi-merce irrigiditi, dispositivi di sfruttamento asserviti ai desideri dello straniero. In questo senso, la discrepanza tra autoctoni e turisti è resa visivamente nei momenti in cui Michael nuota nella piscina a sfioro del suo hotel, mentre sotto di lui si estende un dedalo di baracche.

In questo senso simbolico, i fiori intenti a sbocciare che Ginto vede sotto l’effetto di droghe incarnano un desiderio di crescita e maturazione destinato a rimanere confinato in uno spazio onirico, impossibilitato a concretizzarsi in una realtà marcata dallo spettro dell’indecidibilità. L’androginia di alcuni comprimari, come quella dello stesso Ginto, personaggio dall’aspetto effemminato e con un debole per il trucco da donna, assume così una connotazione politica. Questi corpi sospesi tra maschile e femminile, continuamente rimodellati secondo le aspettative del turista che li osserva (e li compra) diventano figure che ricalcano la stessa indeterminatezza temporale in cui sono costrette a vivere. Così The Garden of Earthly Delights invita lo spettatore a ridefinire un intero sistema di sguardi.

Luca Delpiano

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