Non tutte le storie finiscono come l’autore aveva immaginato. Nel caso di
Otso Tiainen, regista finlandese al suo primo documentario, una storia che avrebbe dovuto narrare di arcani riti e culti si trova a dover render conto dei recenti fatti di cronaca legati ad abusi domestici, emersi durante le riprese.
A Rennes-le-Château, vicino al massiccio di Monteségur, si è riunita una comunità di sciamani. Sono donne e uomini alla ricerca di una spiritualità “su misura”, che connette la stregoneria a dottrine più profonde legate al cristianesimo dei Catari, movimento tacciato di eresia nel XIII secolo. Anche Richard Stanley, ex regista di culto, è alla ricerca di un dio. Alla spiritualità lui arriva prima degli altri, professandosi cavaliere del Sacro Graal e diventando una guida per la comunità. Le messe sono riprese in una fotografia che brucia la luce, per restituire un senso di purezza, e le giornate sono documentate con una camera a mano che segue curiosa gli avvenimenti.
L’intento iniziale del film è di raccontare storie di battesimi teologici che segnano una rinascita spirituale, una purificazione che permette di lasciarsi tutto alle spalle. La narrazione subisce però una svolta inaspettata quando arrivano le prime accuse di violenza mosse contro Stanley, protetto dalla comunità che sembra volerne sigillare i peccati dietro le porte del tempio. Sarà l’intervento di una delle vittime, Scarlett, a ribaltare la situazione. La donna racconta gli anni con Stanley a Monteségur tra aggressioni e rituali, smontando la retorica di pastori autoproclamati che sfruttano la vulnerabilità di persone in cerca di una strada.
«Molte persone lì hanno storie davvero interessanti, ma sono tutti in qualche modo feriti e stanno fuggendo da qualcosa» dichiara il regista Tiainen. Se il film parte da un autentico interesse verso la spiritualità, lo spettatore non si deve fare ingannare: l’epilogo sarà una condanna.
Beatrice Bertino
