In fuga per l’America per ritrovare noi stessi
Nel 1974, due anni dopo l’inaspettato successo di Duel, il giovane Spielberg porta sugli schermi uno dei suoi film più intimisti e sottovalutati. The Sugarland Express non è infatti solo un film on the road come tante se ne producevano all’epoca, ma è un viaggio attraverso l’amore per l’America e per il Cinema.La storia è quella di una coppia di sbandati (i giovanissimi Goldie Hawn e William Atherton; ricordiamo quest’ultimo per il fastidioso personaggio di Walter Peck in Ghostbusters e per piccoli ruoli in Die Hard e Die Hard 2) che fugge per andare a recuperare l’amata figlia che è stata affidata a una coppia di anziani di Sugarland, Texas. Dopo aver sequestrato una macchina della polizia e un poliziotto, parte una caccia spietata attraverso gli Stati Uniti, polverosi e selvaggi.
Spielberg omaggia molto del cinema che ama, dal western fordiano alla New Hollywood di Peckinpah, ispirandosi anche al suo corto d’esordio Amblin. Il viaggio su strada, metafora del viaggio interiore ben espresso da Easy Rider, qui viene mostrato attraverso gli occhi di una coppia di genitori che è disposta a rischiare la vita pur di ricongiungersi con la cosa che più amano, la loro bambina. A volte bisogna scappare per raggiungere la felicità? Bisogna mettersi contro il mondo intero per avere ciò che amiamo? La risposta è sì, si devono accettare le conseguenze della strada che scegliamo e combattere, fuggire, per trovare chi veramente siamo e ciò che vogliamo. I due protagonisti lo sanno e accetterrano questo loro ruolo nel mondo. Persone maledette? Criminali? No, semplicemente esseri umani.
La fotografia di Vilmos Zsigmond è bellisssima, la colonna sonora ha gli echi country di John Williams il quale, da questo film in poi, diverrà fido compositore (nonchè grande amico) di Steven Spielberg. Non fu un grande successo al botteghino al momento dell’uscita in sala, è stato poi rivalutato successivamente. Aneddoto finale: La famosa scena di inseguimento, con decine di macchine della polizia, in The Blues Brothers, è un ironico riferimento a The Sugarland Express.