“IL PROTAGONISTA” DI FABRIZIO BENVENUTO

Con Il protagonista (2025), Fabrizio Benvenuto firma un esordio che si distingue per i legami con la tradizione italiana e, al tempo stesso tempo, per la volontà di trovare una propria voce guidato da un desiderio audace di sperimentare con il mezzo audiovisivo.

La quotidianità di Giancarlo Mangiapane (Pierluigi Gigante), attore di second’ordine e star di alcune pubblicità poco conosciute, gira attorno una routine di provini falliti e personaggi mai portati in vita. La parabola della sua carriera è però interrotta da una proposta inaspettata: la sua candidatura per un ruolo importante viene accettata, rendendolo ufficialmente il protagonista nel biopic di un ballerino di tip-tap. Tuttavia, anziché aprirgli le porte del successo, l’immedesimazione estrema nell’indole turbolenta del personaggio lo ingloba in un labirinto autodistruttivo e solitario, in cui realtà e finzione si mischiano irrimediabilmente.

La macchina da presa di Benvenuto è un corpo instabile, inquieto, specchio ed interlocutore del protagonista ai limiti dello sfinimento. Il ritmo incalzante della messa in scena sfrutta i salti temporali per creare confusione, facendo precipitare lo spettatore nel labirinto mentale dell’attore. Lo sgretolamento della sua identità personale, fil rouge della storia, si riscatta nello sguardo ribelle – e talvolta derisorio – di una regia aperta a sfidare le regole di compostezza formale per raggiungere il suo obiettivo narrativo.

Il risultato è un’indagine acuta e pungente, in grado di coniugare l’astuzia tecnica e la critica a un’industria cinematografica che non apre spazi agli esordienti – attualità di molti giovani artisti e ben conosciuta dal regista. Il finale aperto ricorda la necessità di mostrare l’aspirazione universale a essere “protagonisti” della propria esistenza – simbolo e conseguenza dell’effetto totalizzante dell’arte, vocazione innata a cui è impossibile resistere, malgrado le difficoltà.

La vita di Giancarlo implode, i rapporti con gli altri scorrono sullo sfondo di un paesaggio di finzione nel quale non esiste nulla al di là della sua ossessione. Benvenuto ci dice quindi che l’atto stesso del fare arte è un campo di battaglia: per il protagonista, recitare la parte di qualcun altro significa annullarsi, sopprimendo il proprio io fino al punto di perdersi in sé stesso.

Sveva Keiko Abbatantuono

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *