“IN-I IN MOTION” DI JULIETTE BINOCHE

Dopo lo spettacolo ibrido di danza e teatro In-I In (2008) dove si cimentava con la danza a fianco del ballerino e coreografo britannico Akram Khan, Juliette Binoche gira il documentario In-I In Motion (2025). 

Il film racconta il processo creativo dello spettacolo del 2008 attraverso una sorta di scambio di ruoli con i due artisti che si mettono in gioco entrando in una esplorazione profonda del sé che si fonda proprio sulla scoperta dell’altro e della sua arte: la recitazione per lei e la danza per lui.

La macchina da presa si muove seguendo cauta i passi che prendono forma sulla scena cercando di indagarne la natura intima e viscerale che rimonta al gesto da cui prendono origine. Il corpo diventa così un grande cuore che batte a velocità insostenibili, un cuore che si adegua e si dedica all’assoluto ritmo e alla vitale intensità del movimento.

In un alternarsi tra il vivere il gesto e il raccontarlo, la danza e il teatro rappresentano la vita mentre la ragione e lo studio ponderato li rielaborano intellettualmente e tracciano la strada per l’avvenire. 

Ne nasce una coreografia minimale e meravigliosa, con le due fisionomie contrastanti e il loro bisogno “di amore lampante” che si stagliano sugli sfondi monocromatici. Così la paura di perdersi da una parte e la sicurezza da cercare anche solo in un bacio sono sottolineate dal suono stridulo delle scarpe sul pavimento. La svolta nella narrazione avviene con il cambio di colore dello sfondo, che da grigio muta in rosso porpora, mantenendo ancora quei ruoli di sostegno solido e di attrazione, fondamentali per Binoche.

I protagonisti vivono la relazione non più come esercizio, come prova, come modo per conoscersi ma a quel punto parlano la stessa lingua, lasciando che l’altro completi la frase iniziata da uno e viceversa. Si assiste allora, con il fiato freddo e secco, alla simbiosi finale, dove anche il sesso si fa schietto e ingenuo e lo spazio del racconto diventa lo spazio della vita. Lo sfondo si fa ora blu, ora opaco e spento, e poi di nuovo rosso, questa volta più acceso. I due amanti sembrano indossare quello sfondo e su di esso vengono strangolate simbolicamente le proprie ombre e la gravità dei corpi. Dove va l’amore? Che cosa ne resta? Una scia di sudore, steso su un muro liscio e permeabile.

Con In-I In Motion assistiamo a una prova coraggiosa di cosa comporti l’impegno necessario all’esplorazione dei propri limiti e in parallelo seguiamo un discorso su cosa voglia dire insegnare l’arte di cui ci si nutre.

Martina Oliva

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