“NEL BLU DIPINTI DI ROSSO” DI STEFANO DI POLITO

Un uomo anziano legge il giornale nel suo studio: notizie dal Medioriente. Le commenta, si arrovella un poco per poi arrendersi a qualcosa di più allegro, ovvero la musica. Lui è Emilio Jona, 98 anni, uno dei membri dei Cantacronache, cui è dedicato il documentario Nel blu dipinti di rosso di Stefano Di Polito, presentato alla 43° edizione del Torino Film Festival.

Il collettivo di musicisti, letterati e poeti – attivo a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta proprio a Torino – è stato presto dimenticato a causa della sua vocazione non commerciale e dell’opposizione alla cultura di massa. Il regista, che ha lavorato in stretto contatto con Jona, intellettuale che nel film ci guida alla riscoperta dei Cantacronache insieme ad un’altra figura cardine del collettivo, Fausto Amodei – riporta alla memoria quest’esperienza. I filmati d’epoca mancano, ma il racconto diretto e le registrazioni sonore sono sufficienti a evocare lo spirito profondamente umano e anticonformista che ha guidato il gruppo fin dai primi passi, mossi da Sergio Liberovici e Michele Straniero, ai quali si unirono presto Amodei, Jona, De Maria e Margot. 

“Evadere dall’evasione” era il loro motto. Usare la canzone non per idealizzare la vita ma per raccontarne le realtà quotidiane, alle volte tenere e alle volte crude, e per parlare di fatti di cronaca volutamente ignorati dai media e dell’informazione. I testi, diretti e ironici, sono accompagnati da semplici accordi di chitarra, ben lontani dai ritmi afrocubani che spopolavano nella canzone italiana degli anni Cinquanta. In quegli anni in cui la scena musicale era monopolizzata dalla musica leggera di Sanremo, i Cantacronache si opponevano alla cultura nazionalpopolare con la loro Canzone dei fiori e del silenzio: “Ci dicono tacete perché il silenzio è d’oro/Su miseria e lavoro/ Tacete della vita se ha giorni grigi e duri/Tacete degli amori se sono tristi e oscuri/Tacete anche dei fiori”. Rifiutando di stare “nel blu dipinto di blu”, loro sono, come li raccontava un titolo di giornale dell’epoca, “nel blu dipinti rosso” (strizzavando evidentemente l’occhio alla loro linea politica).

Intorno al collettivo gravitarono figure importanti quali Rodari, Fortini, Eco e Calvino. Quest’ultimo scrisse per loro la trilogia Dove vola l’avvoltoio (che ispirerà La guerra di Piero di De Andrè), Canzone triste e Oltre il ponte. Ma oltre alle canzoni, i Cantacronache si occuparono di tante altre cose, tra cui il recupero e la rielaborazione di canti popolari: dalle mondine agli operai, andarono a riscoprire la cultura di cui si nutriva la gente comune. Emilio Jona ci sta lavorando ancora oggi con un centro di ricerca dedicato, il CREO.

«Abbiamo fatto tante cose bellissime e una di queste è non aver fatto una lira! – racconta scherzosamente Jona, presente in sala alla proiezione – Nonostante cantassimo di fatti spesso tristi, avevamo tanta voglia di vivere, eravamo giovani e felici». Così è ancora oggi Emilio sulla soglia dei cent’anni: giovane e felice.

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