«Quanto è bello essere bianchi?». È Joan Huang a dover rispondere a questa domanda in Slanted – presentato in concorso al 43° TFF. Trasferitasi con la famiglia nel sud degli Stati Uniti, Joan è vittima di bullismo per via delle sue origini cinesi fino a quando, da adolescente, decide di sottoporsi a un intervento di chirurgia plastica per ottenere le sembianze di una giovane ragazza caucasica.
Slanted è l’esordio nel lungometraggio per Amy Wang, regista e sceneggiatrice sino-austrialiana che, ispirandosi al suo vissuto di immigrata, ha concepito l’idea del film in seguito alla retorica ostile alla Cina durante la pandemia di Covid-19 e dopo l’uccisione di diverse donne asiatiche durante le sparatorie di Atlanta del 2021. Distaccandosi dai fatti di cronaca, Wang sceglie di dirigere un teen movie satirico con un cast interamente femminile. I rimandi a un classico come Mean Girls (Mark Waters, 2004) sono particolarmente evidenti nelle scene ambientate al liceo, dove – anche in questo caso – tre “barbie” (nel film di Waters il termine originale è, non a caso, “the Plastics”) sono ossessionate dall’ottenere il titolo di prom queen.
Nonostante un’atmosfera rarefatta e una colonna sonora fiabesca, Wang compie provocatoriamente continue incursioni nel body horror: per stessa ammissione della regista, The Substance (Coralie Fargeat, 2024) è il primo modello di riferimento del suo esordio, specialmente per quanto riguarda lo sdoppiamento di personalità – in un primo momento è Shirley Chen a interpretare la protagonista, ruolo che viene poi preso in eredità da Mckenna Grace. Joan Huang assume dunque una nuova identità diventando Jo Hunt, la sua versione opposta, chirurgicamente modificata e, pertanto, instabile.
Elisabetta Pala
Articolo pubblicato su “La Repubblica Torino” in data 26 novembre 2025.

