Se ieri sera la proiezione del film Suffragette ha inaugurato il 33° TFF, stamattina la prima conferenza stampa dell’edizione 2015 ha visto protagonista lo stesso film. A rispondere alle domande dei giornalisti erano presenti la regista Sarah Gravon, la sceneggiatrice Abi Morgan, e una delle due produttrici, Faye Ward.
La protagonista è Muad (Carey Mulligan), una donna lavoratrice che a Londra nel 1912 lotta nel movimento delle Suffragette insieme a personaggi ispirati a eroine femministe realmente esistite come Emmeline Pankhurst (Meryl Streep). L’approccio all’argomento è semi-storico, come ha sottolineato la regista Sarah Gravon. L’intento era quello di creare un legame tra le donne che cento anni fa iniziarono la loro battaglia per il voto, e le donne di oggi che in tante parti del mondo fanno ancora i conti con la disparità nel trattamento salariare, con le violenze sessuali, con il diritto di tutela e il tutoraggio dei figli.
Il movimento sociale delle Suffragette ha lottato per cinquant’anni, ma se per i primi quarant’anni la lotta è stata pacifica, nei sedici mesi successivi è diventata molto più violenta, e quasi nessuno oggi la conosce. La mancanza di film che raccontino le violenze subite da queste donne coraggiose è stata la spinta che ha convinto Faya Ward, insieme a Alison Owen, a produrre il film: “Volevamo rendere consapevole il pubblico di oggi dell’importanza dei risultati e dei sacrifici delle Suffragette nella lotta e dei risultati di questa lotta, che incidono ancora sulla vita di oggi. Volevamo mettere in scena un argomento che fosse di ispirazione per assumere un impegno politico e che invitasse tutte le donne a diventare quello che realmente sentono di essere, volevamo dare voce a chi non l’ha mai avuta sul grande schermo”.
La sceneggiatrice, Abi Morgan, che ha già scritto sceneggiature come The Iron Lady, ha sottolineato che la sfida fosse era quella di creare un personaggio protagonista contestualizzandolo in periodo storico preciso: “Il personaggio di Muad serve a sottolineare il ruolo di tante lottatrici passive che sono diventate militanti. Il film indaga le motivazioni che hanno spinto donne come lei a mettere a rischio il proprio lavoro, la propria famiglia, la propria casa, in nome di un diritto”. Infine la sceneggiatrice dichiara che non ha voluto cedere a qualche drammatizzazione hollywodiana riguardante il personaggio di Muad, ma ha ritenuto importante concludere il film con una didascalia dedicata alle donne che vivono in Arabia Saudita, le quali nel 2015 hanno ottenuto il voto ma che non posso recarsi ai seggi da sole, senza un uomo che le accompagni.
Sarah Gravon ha aggiunto qualche dato importante: ”Ancora oggi 66 milioni di donne nel mondo non hanno diritto di voto, due terzi di loro sono analfabete, solo il 22% delle cariche pubbliche sono ricoperte da donne. Si dice che il volto della povertà è femmina: è ancora cosi”.
La regista ha raccontato che la reazione di gran parte del pubblico femminile dopo aver visto Suffragette è stata quella che aveva sperato: molte donne le hanno detto che non avrebbe più rinunciato a votare, in quanto avevano compreso i sacrifici del movimento femminista britannico. Sarah Gavon ha poi aggiunto che un segnale che hanno voluto dare sia lei che la sua troupe (formata quasi esclusivamente da donne) durante la lavorazione del film, è stato quello di andare a girare una protesta anti-governativa proprio all’House of Parliament di Londra, combattendo per ottenere il permesso di fare delle riprese nel luogo che istituzionalmente si era opposto al voto delle donne.