Sophelikoptern (The Garbage Helicopter) è un curioso film del regista svedese Jonas Selberg Augustsén, presentato nella sezione TorinoFilmLab del Festival.
La sequenza iniziale ci mostra una piattaforma d’atterraggio immersa in una fitta foresta nordica, sulla quale viene sganciato un enorme container da un elicottero che sentiamo, ma non vediamo. A seguire si cambia ambientazione: un’anziana signora all’interno della propria camera si accorge di non poter più fare a meno, dopo un anno di attesa, del suo orologio ora in riparazione; alza il telefono, chiama la nipote dall’altra parte della Svezia e chiede di riportarglielo. Inizia così il viaggio della nipote, di suo fratello e di un amico attraverso tutto il Paese.
Lungo il tragitto i tre giovani si recano ad ammirare svogliatamente l’affetta-formaggio e la sedia più grandi del mondo, visitano il museo alla memoria dei deportati, partecipano ad una corsa d’auto illegale, sono costretti a dare un passaggio a due ladri di quadri inesperti, per poi arrivare finalmente dalla nonna, fermarsi poche ore e ripartire.
Si tratta di un film “on the road” atipico: nei tre giovani non troviamo la voglia di viaggiare e la curiosità per il loro Paese, né l’interesse a stare insieme, né il bisogno di trovare se stessi; sono tre giovani svogliati, apatici nei confronti di qualunque stimolo esterno, annoiati da una vita senza novità. “Cos’è che corre corre e non va da nessuna parte ?”
Il più allegro dei tre trascorre il tempo compilando cruciverba e ripete più volte lo stesso indovinello e ogni volta la risposta è differente; forse non è la risposta la cosa importante, ma la domanda: un mondo che corre, corre per l’innovazione, corre per progredire, ma fino a che punto si rinnova? Non sembra che in realtà rimanga sempre tutto uguale, che ogni cosa si ripeta? Non c’è nulla per cui eccitarsi nel mondo di oggi, perchè nonostante le apparenze esso è sempre uguale. Il loro è un mondo senza colori, come il bianco e nero del film. Uno stesso atteggiamento apatico è dato dalla recitazione poco espressiva dei personaggi e dai movimenti della mdp quasi sempre fissa, immobile, con stacchi su schermo nero. L’apatia così esasperata da risultare ironica.
Ma cosa ne è stato dell’elicottero iniziale? Uno dei ragazzi, lo stesso dell’indovinello, più volte immagina l’esistenza di un elicottero per la raccolta dei rifiuti e alla fine del film la nonna racconta di averne sognato uno.
Questo film lascia lo spettatore con molti interrogativi, forse per stimolare una riflessione più profonda di quanto non sembri, ma con diversi momenti di pura comicità che danno un tocco di leggerezz. La fotografia in bianco e nero è affascinante e gioca con le luci e i tramonti freddi del Nord.