Lavorare con lentezza è un film del 2004 di Guido Chiesa, da lui stesso sceneggiato assieme al collettivo “Wu Ming” (divenuto celebre per il romanzo Q). Il film è stato presentato al Piemonte Glocal Movie Film Festival nella sezione che omaggia i lavori del regista torinese.
La vicenda si svolge a Bologna negli anni Settanta, gli anni dell’austerity e dei grandi cambiamenti sociali. I movimenti studenteschi sono in pieno subbuglio, gli scioperi nelle fabbriche sempre più frequenti e lo Stato, sotto assedio in un clima di terrorismo politico, usa spesso la repressione per sedare rivolte e manifestazioni. I nostri due protagonisti sono Sgualo e Pelo, ragazzi che sognano l’Australia e che non hanno la minima intenzione di scegliere tra le opportunità offerte da Safagna (quartiere periferico di Bologna): diventare carabiniere oppure operaio. In questo contesto, cercano di campare facendo qualche lavoretto per un ricettatore locale chiamato Marangon che gestisce i suoi affari da un bar di quartiere della periferia. I due ragazzi si trovano tra le mani un lavoro molto rischioso: hanno otto mesi di tempo per scavare un tunnel tra i cunicoli della Bologna sotterranea per effettuare un furto alla Cassa di Risparmio.
Questo lavoro li porta a mettere il naso fuori dal loro quartiere e ad incontrare realtà a loro sconosciute. Proprio cercando di dare ritmo alle picconate sotto terra, cercano musica con la loro radiolina e riescono a sintonizzarsi soltanto con Radio Alice. Questa colonna sonora si rivela ben presto qualcosa di più di un sottofondo musicale nella loro vita, ma provoca un cambiamento drastico del loro futuro. Tutto inizia con la loro prima visita a Radio Alice, nella storica sede di via del Pratello; nel frattempo i Carabinieri indagano… Le vite dei vari personaggi scorrono inizialmente su binari paralleli per poi unirsi piano piano nel corso della vicenda in un unico punto d’incontro.
Il regista crea espedienti narrativi anticonvenzionali, in particolare nei monologhi in cui l’audio tira diritto per la propria strada in maniera autonoma dalle immagini. Davvero notevoli alcune sequenze come quella del concerto nel parco con una fotografia sgranata e molto colorata, tra belle ragazze, canne e la partecipazione musicale degli Afterhours con lo pseudonimo di “Area”.
Chiesa ricostruisce poi i tafferugli che portarono alla morte del giovane attivista Francesco Lorusso. I sanpietrini divelti e i fumogeni urticanti creano immagini di guerriglia urbana che tra barricate in fiamme e cariche della polizia danno bene l’idea di cosa volesse dire trovarsi tra i portici bolognesi in quei giorni.
La bella Claudia Pandolfi è un’avvocatessa e convinta femminista; abbiamo poi un tenente dei Carabinieri interpretato da Valerio Mastandrea, Valerio Binasco è un ricettatore invischiato con i “Marsigliesi”, i due giovani protagonisti, sognatori dall’accento bolognese, sono Marco Luisi e Tommaso Ramenghi.
Lavorare con lentezza, oltre ad essere il titolo del lungometraggio, è anche quello della canzone su cui si basa la sua colonna sonora, un brano di Enzo del Reno dall’album Il Banditore del 1974. E’ un inno proletario al lavoro, con l’auspicio che si svolga ad un ritmo umano perché lo sforzo è nemico della salute e costituisce il presupposto degli incidenti sul lavoro. Bellissimo testo, a mio avviso, che costituiva la sigla di apertura e di chiusura delle trasmissioni di Radio Alice.
Questa emittente radiofonica fa parte tanto della storia bolognese quanto di quella delle prime radio libere italiane. Fu fondata nel 1976 dalla Cooperativa Nuova Comunicazione con il motto di “dare voce a chi non ha voce”. La sua peculiarità era quella della totale mancanza di un palinsesto programmato dando totale libertà al flusso creativo. L’innovazione era l’assenza di vincoli di censura per le chiamate in diretta: questa diventò presto sua caratteristica distintiva e il motivo del suo successo e della sua originalità. Veniva trasmesso qualunque tipo di genere musicale, i contenuti spaziavano dalle favole della buona notte alle ricette culinarie della nonna, dalla lettura di testi letterari, poesie, satire e istruzioni sul Kamasutra fino alla politica. Chiunque poteva parlare se aveva qualcosa da dire. Vi era una totale libertà di parola. Una linea rivoluzionaria ed insolita per l’Italia del tempo.
La cornice del film è la bella Bologna degli anni ’70. Un viaggio nel tempo e nella storia per nostalgici e per chi più giovane, come me, vuole vederci chiaro sui fatti avvenuti nella storia recente italiana. Visione consigliatissima.