78 – Vai piano ma vinci è la storia vera di Pier Felice Filippi, che a ventitre anni viene rapito dalla ‘ndrangheta a scopo di estorsione. Era il 1978 e settantotto furono i giorni di prigionia. La figlia decide di raccontarceli attraverso un’appassionata docu-fiction.
Il film è stato presentato nella sezione Festa Mobile – Film Commission Torino Piemonte, ed è il primo lungometraggio di Alice Filippi, che si è ispirata alla storia vera di un uomo, suo padre – ai tempi ancora ragazzo -, che ha continuato a ripetersi “Devo farcela da solo”. La regista rivela nella conferenza stampa di aver scoperto la vicenda di suo padre solo pochi anni fa, e di aver subito compreso la necessità di doverla raccontare. “Papà tu mi hai raccontato una sceneggiatura”, confessa di aver detto al padre.
Il punto forte del film è sicuramente la scelta di alternare la finzione e la ricostruzione dei fatti con le interviste a persone realmente coinvolte, inserendo anche registrazioni autentiche delle telefonate dei rapitori al padre di Pier Felice. Ciò che commuove durante la visione è lo spirito del protagonista, e la sua voce (che noi sappiamo essere l’originale) che ci racconta con precisione ogni dettaglio di quei giorni e dei suoi tentativi di essere ritrovato, e poi di fuggire.
La scelta del titolo non è casuale, perché la frase è una sorta di leitmotiv della madre di Pier Felice la quale, dopo aver perso un figlio durante una gara automobilistica, si assicurava con il secondo dicendogli: “Vai piano, ma vinci”. E questo sarà lo spirito di tutto il film, perché ogni movimento è calcolato, lento e commosso; la fuga non è una corsa disperata, ma un’azione studiata per giorni interi. Per tutta la durata del film non sono mai mostrate o raccontate le emozioni dei personaggi, e siamo solo sommersi dai dettagli concreti, dagli odori e dagli spostamenti in macchina dei rapitori. La scena finale è l’unica in cui l’attore (Daniele Ronco) si concede un sorriso, con le braccia aperte come un campione e i pantaloni avvolti intorno al collo per evitare di fare rumore durante l’evasione.
Ottime anche la regia e la fotografia, in particolare quella della location in cui si svolge buona parte del film, ossia il nascondiglio dal quale il ragazzo riuscirà a scappare, ricostruito con una scenografia che pare quasi teatrale.
È evidente come la regista abbia voluto trasmettere un messaggio di speranza e di coraggio, con un epilogo positivo ed una storia particolare, che non può fare altro che rendere orgogliosi i piemontesi, sia per la riuscita del film sia, ovviamente, per la vittoria di Pier Felice.