La sezione Onde del trentacinquesimo Torino Film Festival vede tra i titoli che la compongono un’opera prima tanto emozionante quanto discreta. La madre, el hijo y la abuela è il primo lungometraggio del giovane regista cileno Benjamín Brunet che filma nella città di Chaitén dopo l’eruzione dell’omonimo vulcano. Articolato in tre capitoli come i propri personaggi, il film cammina sul sottile filo che separa fiction e documentario.
Il giovane fotografo Cristóbal (Gonzalo Aburto) giunge nella cittadina per realizzare un progetto fotografico sulle tracce delle proprie radici: il ragazzo è stato adottato e Chaitén è proprio la sua città natale. Ripercorrendo i passi immaginari dei genitori biologici che non ha mai conosciuto, il giovane tenta di ricostruire un ipotetico passato e allo stesso tempo di immaginare quello che sarebbe potuto essere il suo presente se la sua vita avesse preso una direzione diversa. Tra le macerie e la polvere delle case abbandonate, Cristóbal trova il riflesso di se stesso e di un’identità incerta che vorrebbe ricostruire.
Ana (Ana Gallegos) invece è una tabaccaia che ha un figlio che vive lontano e non torna mai a casa; lei si divide tra il lavoro e l’accudire Maria (María Muñoz), l’anziana madre malata. Quando Cristóbal incontra le due donne e viene accolto nella loro casa, tra i tre nasce quel rapporto familiare di cui tutti sentivano la mancanza e che spazza via per un po’ la cenere vulcanica e il deserto che il giovane sente dentro di sé.
Ecco allora che quel progetto fotografico volto al passato diventa un film fatto di istantanee di vita quotidiana e giorni speciali, come il Natale, il compleanno di Maria o la Pasqua e le sue tradizioni. Quelli che erano autoscatti di Cristóbal tra le macerie e gli oggetti abbandonati, ora si trasformano in foto di gruppo scandite da momenti di grande tenerezza in una casa che è viva e accogliente. Attraverso lo sguardo familiare e protettivo della macchina fotografica, questa atipica famiglia appena nata “per scelta” scaccia l’ombra della malattia e della solitudine, anche se per poco.
Nonostante l’estrema dolcezza e tenerezza che suscita il rapporto tra queste tre anime sole, infatti, lo spettro della morte e della malattia è presenza costante tanto nei temi del film quanto nella sua messa in scena, che si appoggia su una palette di colori freddi come la cenere ormai spenta del vulcano e su un ambiente spoglio e desolato da cui si ha parzialmente tregua solo all’interno della piccola abitazione di Ana.
La madre, el hijo y la abuela potrebbe sembrare un film difficile per le tematiche che tratta, ma in realtà è molto equilibrato nel contrapporre alla solitudine esistenziale dei suoi protagonisti un legame empatico e dolce che strappa più volte un sorriso. Il merito di Brunet è quello di aver saputo intrecciare queste tre solitudini in modo discreto e leggero portando in superficie sentimenti autentici e forti, seppur nella loro fragilità.
La madre, el hijo y la abuela arriva e conquista in punta di piedi, senza far rumore, proprio come i suoi dialoghi quasi sussurrati.