Mumbai, 2006. Sharad (Aditya Modak), giovane aspirante performer di gaar (canti popolari indiani di argomento sacro), cerca di emergere nel mondo della musica seguendo le orme del padre, un musicista che non è mai riuscito a “sfondare” ma che sin da piccolo lo ha instradato alla cultura musicale locale, e del suo guru, un tempo una celebrità dell’ambiente ma ormai sul viale del tramonto. Il cammino di Sharad è tuttavia ostacolato da vari fattori esterni (concorsi canori che non vanno mai come dovrebbero, scarsi apprezzamenti del pubblico in rete) che lo portano a dubitare delle sue capacità e dello stesso ruolo degli inni sacri in un Paese sempre più orientato verso la modernità. Tuttavia, nel corso degli anni, tra alti e bassi, capirà presto quale sia il suo posto nel variegato mondo della musica.
Opera seconda dell’indiano Chaitanya Tamhane, The Disciple si configura come un’opera ambiguo: pur predicando, nel contenuto, un avvicinamento dell’artista a una sorta di “verità” interiore e a un momento solenne che riguarda soltanto lui e la sua arte, il film rimane schiavo di un eccesso di verbosità (volta probabilmente a far entrare lo spettatore meno avvezzo all’argomento nell’ottica giusta per comprendere gli avvenimenti) e a una messa in scena minimalista, poco sgargiante, in cui ogni scena si compone di pochissime inquadrature, realizzate perlopiù in piani-sequenza a camera fissa, mentre i momenti di solennità sono piuttosto rari, e quelli di autentica comprensione del disagio del protagonista vengono invece troppo spesso affidati ad una didascalica voce over. Tuttavia, il film rimane un solido bildungsroman, che propone non sguardo non banale sul ruolo dell’artista nel mondo contemporaneo, dove a farla da padrone sono sempre più spesso i successi “facili” dei contest e i fenomeni di internet piuttosto che la riflessione e la sperimentazione, servendosi di un argomento non particolarmente noto e che, nonostante qualche ridondanza, viene analizzato efficacemente.
Insignito all’ultima Mostra del Cinema di Venezia del Premio Osella per la sceneggiatura e prodotto da Alfonso Cuaròn, The Disciple appare dunque un film forse non particolarmente innovativo dal punto di vista del contenuto, ma capace di veicolare un importante messaggio sull’Arte, da tenere sempre presente per i tempi a venire.