Presso l’Università di Torino, il 29 e il 30 novembre si è tenuto il convegno di studi “Fare l’attore. Percorsi e dialoghi su formazione e recitazione” organizzato dal progetto “F-ACTOR” in collaborazione con UniVerso e curato dalla professoressa Mariapaola Pierini. Il convegno si inserisce, appunto, nel piano di ricerca del progetto “F-ACTOR”, dedicato alla mappatura della professione dell’attore nello scenario mediale italiano contemporaneo, secondo metodologie e prospettive di studio che fanno riferimento ai performance studies, agli studi sul divismo e ai media production studies.
Gli interventi che si sono succeduti nelle due giornate hanno dimostrato l’efficacia di un’articolata schiera di strumenti d’analisi – dalla ricerca d’archivio, alle indagini sul campo, fino alle interviste con i soggetti di studio – utili a vagliare con attenzione gli aspetti che costituiscono nel complesso la formazione dell’attore. Nel convegno si sono alternati interventi di docenti universitari italiani e stranieri, a momenti di dialogo con professionisti del settore offrendo così una panoramica che tenesse conto tanto del versante teorico quanto di quello pratico.
A proposito del contenuto degli interventi, colpisce la presenza di un’evidente base comune tra i diversi metodi di formazione dell’attore: infatti, per quanto questi possano essere distanti tra loro, è sempre richiesta una profonda conoscenza di sè. Una conoscenza del proprio vissuto, come ha fatto notare la lecture di Shonni Enelow sul sistema Stanislavskij-Strasberg. Una conoscenza del proprio corpo, come evidenziato invece dai maestri Alessio Maria Romano, Sarah Silvagni e Francesco Manetti. Una conoscenza della mimica espressiva del viso, argomento di cui ha parlato Cristina Jandelli riferendosi alla “ginnastica del volto”, pilastro teorico nel manuale di recitazione per il cinema muto di Paolo Azzurri. E sull’importanza data alla mimica facciale si sono concentrati, muovendosi tra questioni di carattere tecnico e pratico, gli approfondimenti di Lisa Bode e Antonio Pizzo sulla motion capture, interventi che hanno messo in luce nuove possibili concezioni della recitazione nei media digitali. Sempre sul rapporto tra recitazione e nuove tecnologie, Adriano D’Aloia, parlando dell’uso del green screen nei set cinematografici, ha rimarcato come l’immaginazione sia una capacità indispensabile per restituire le condizioni del contesto drammatico, assenti nell’hic et nunc della performance sul set. E ugualmente anche nel metodo mimico di Orazio Costa, come si è osservato nei due interventi di Laura Piazza e di Marta Marchetti e Sonia Bellavia, l’immaginazione svolge il ruolo essenziale di medium per l’immedesimazione.
Il talk con Sonia Bergamasco ha fornito, inoltre, un esempio del complesso percorso di formazione artistica dell’attore: un costante «working in process», in cui il “conosci te stesso” è un’imprescindibile guida per la crescita professionale. Allo stesso modo, i talk con Daniele Orazi e con Laura Muccino, Nicoletta Robello, Barbara Ferrato e Paolo Manera hanno completato il quadro sulla formazione dell’attore, di cui sono stati discussi i momenti fondamentali – dalle prove di gruppo, alle audizioni, fino alla preparazione psicologica indispensabile per lavorare nel mondo dello spettacolo.
In conclusione, il convegno ha fatto emergere come lo studio assiduo e sincero di se stessi costituisca uno snodo centrale nella formazione artistica dell’attore; a sua volta, ha dimostrato come lo studio in ambito accademico di questo argomento richieda un incessante aggiornamento sulle mutevoli condizioni della recitazione contemporanea, nell’arduo tentativo di sciogliere quell’insolubile “paradosso dell’attore” che continua a stimolare determinanti progetti di ricerca.
Federico Lionetti