L’esordio alla regia di Laura Baumeister, in concorso alla 40esima edizione del Torino Film Festival, narra una storia crudele e dolorosa, in grado di unificare l’oppressione di cui è vittima il suo paese d’origine, il Nicaragua, con i soprusi ai quali la piccola Maria (l’energica e pensierosa Ara Alejandra Medal) è costretta a sottostare.
La hijas de todas las rabias dichiara sin dalle prime inquadrature il suo registro formale: la continua alternanza di primi piani, dedicati alla protagonista, e campi lunghi, che mostrano il paesaggio circostante devastato dalla rivoluzione in corso, segnalano la dicotomia tra un mondo esterno in tumulto e l’intimità di una ragazzina infelice. Che siano alcune lampadine danneggiate, il sole o il rosso vivido degli incendi che invadano la terra in cui Maria vive insieme alla risoluta mamma Lilibeth (Virginia Sevilla García), il film racconta una tormentata realtà fatta di spazzatura, debiti e lavoro minorile, e lo fa senza nascondersi, indagandola e inquadrandola senza oscurarne gli aspetti più drammatici. È infatti da una realtà dolorosa che Maria tenta di fuggire, sia fisicamente – non mancano infatti alcuni arrangiati tentativi di evasione – sia spiritualmente, attraverso un personale mondo onirico, oscuro, ricco di vicoli ciechi e animali fantastici. Questo dualismo viene esplicitamente richiamato in una scena che vede protagonisti Maria e Tadeo, uno dei tanti ragazzini costretti a lavorare perché orfani o abbandonati dai propri genitori: i due giocano con il mercurio liquido, altamente tossico e difficilmente separabile. È evidente la metafora: Maria non può sottrarsi dal tentativo di ricongiungersi con la madre e di ritornare nella sua casa natia, eppure ogni suo sforzo, reale o sognato, risulta vano. Fino a quando non si ha notizia della morte della madre e della caduta della sua vecchia dimora sotto le fiamme della rivoluzione. Solo allora, quando l’incubo diviene tangibile, la realtà si amalgama con il sogno, permettendo a una trasformata Lilibeth di riabbracciare la figlia che pensava perduta.
Davide Gravina
articolo pubblicato su “la Repubblica” il 27 novembre 2022