È la storia di una Maria diversa quella raccontata da Paolo Zucca nel suo ultimo film presentato fuori concorso alla 41° edizione del Torino Film Festival, Vangelo secondo Maria, tratto dall’omonimo romanzo di Barbara Alberti.
Maria non è una ragazzina timida e diligente che accetta l’immacolata concezione e la venuta del figlio di Dio, bensì un’adolescente ribelle e testarda che si oppone al matrimonio combinato. Maria è desiderosa di imparare e conoscere il mondo, senza rimanere nell’ignoranza e affidarsi ciecamente a ciò che le viene imposto di fare. Nata con la colpa più grande, quella di essere femmina, Maria (Benedetta Porcaroli) è costretta a osservare da lontano gli uomini a cui è concesso di studiare. Bisbiglia all’orecchio di un confidente il sogno di fuggire e vivere finalmente in libertà, mentre la famiglia minaccia di bastonarla se non impara a comportarsi come tutte le altre e, soprattutto, se non accetta di sposarsi.
Si parla di Nazareth e Gerusalemme ma il regista de L’arbitro e L’uomo che comprò la Luna non rinnega il suo legame con la Sardegna, origine orgogliosamente rivendicata attraverso la natura selvaggia del paesaggio e il dialetto dei suoi abitanti dal volto rugoso segnato dal sole.
Un’icona di emancipazione e lotta sociale questa eroina che, insieme a Giuseppe (Alessandro Gassmann), tenta invano di riscrivere una storia di cui qualcuno per lei ha già deciso il finale. Una lotta impari tra i desideri di una giovane donna e il suo destino, per compiere la volontà del narratore più onnisciente e risoluto di tutti: Dio. Quando tra Maria e Giuseppe nascono davvero l’amore e il desiderio, irrompe all’improvviso l’arcangelo Gabriele, con ali imbottite ampie abbastanza da coprire il filo agganciato alla schiena che gli permette di volare. Magicamente o, meglio, divinamente, Maria comincia a vestirsi di azzurro e avere visioni, in un’alternanza di toni fra il classico e il fantastico, il mistico e il didascalico.
Elena Bernardi
Articolo pubblicato su “La Repubblica” il 27/ 11/23