“FRIED BARRY” DI RYAN KRUGER

Se la critica cinematografica specializzata si è trovata a tratti spiazzata per il cambiamento nelle forme e nelle modalità di fruizione del cinema, al contempo si sono delineate nuove prospettive di collocazione rispetto alla sfera discorsiva del film e degli strumenti per approcciarla. Soprattutto se nel film in questione, come in questo caso, campeggia la voglia di mandare a quel paese un certo tipo di pubblico. Premessa fatta, è complesso cercare di approfondire Fried Barry senza snaturarlo, come non è indispensabile setacciarlo per estrapolare quella riflessione critica in più che “stroppierebbe il troppo”. 

La linea che Ryan Kruger propone è semplice: un tossicodipendente “fritto” dall’eroina, il Barry del titolo, che in aggiunta è anche marito indegno e padre spregevole. Alla ricerca della prossima dose, viene rapito, scorporato e “abitato” da un alieno, che lo priverà di quel poco di buon senso che gli resta. Come un E.T. sotto stupefacenti, veglierà da lontano l’orizzonte urbano di Città del Capo, per poi lanciarsi a capofitto in una spirale di droga, sesso e violenza, ai limiti del gore

Barry (Gary Green)

Inglobato in una dissolutezza compulsiva, in linea con la parabola disastrata del protagonista, Fried Barry è una corsa folle, che durante il tragitto pesca senza alcuna riserva dall’immaginario di genere e sottogenere, fino quasi a stomacare. Come ci si potrebbe aspettare da un film girato senza sceneggiatura, si basa più sulla stramba fisicità di Barry (Gary Green) e dei personaggi che vorticano attorno a lui che sul lavoro di scrittura e recitazione. Ci si può concedere di dare per certa una sola cosa: la volontà del film – esplicitamente dichiarata – di espandere i confini del tollerabile con provocazioni su più livelli, le più spassose tendenzialmente fuori dalla diegesi. Insomma, tanto parodia quanto omaggio e, come se non bastasse, anche la disarticolata caricatura di se stesso.

Riprendendo la riflessione iniziale, Fried Barry è un film da guardare con l’opportuna curiosità, una buona dose di tolleranza e di consapevolezza preventiva sulla varietà discorsiva proposta dal genere Midnight Movie. O, al contrario, spogliarsi di qualsiasi preconcezione e passare quasi due ore a chiedersi cosa diavolo stia succedendo.

Noemi Castelvetro

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