Giornata conclusiva di Piemonte Movie.
Al Cinema Massimo ha avuto luogo la proiezione pomeridiana di due film di Davide Ferrario, al quale quest’anno è stata dedicata un’intera sezione della manifestazione. Tutti giù per terra e La strada di Levi riassumono bene la diversità e la ricchezza dell’opera del regista bergamasco che tanto adora Torino e ben la rappresenta nei suoi film, come Dopo mezzanotte, Tutti giù per terra e il recente La luna su Torino.
In Tutti giù per terra la città savoiarda fa da sfondo ma diventa anche protagonista perché s’interseca con la vita di Walter, studente fuori corso che frequenta Palazzo Nuovo, obiettore di coscienza, vergine e incapace di stabilire rapporti interpersonali con chicchessia (compresi i suoi genitori). Vaghiamo con lui tra il centro e la periferia dove vive, senza capire bene quale sia la sua meta ultima, che, in effetti, non esiste, né geograficamente, né esistenzialmente.
Il risultato che ne deriva è una situazione tragicomica in cui constatiamo la completa mancanza di ideali e aspirazioni di questo protagonista che sembra quasi non rendersi conto di stare nel mondo. Precarietà e disorientamento sono altri due elementi messi in scena dal movimento della macchina da presa che segue il protagonista e dà allo spettatore punti di vista stravaganti e a tratti allucinati.
Vito Martinelli (fonico e sound designer che ne ha curato la colonna sonora), ha presentato al pubblico La strada di Levi, un road movie che ripercorre il cammino compiuto da Primo Levi sessant’anni fa dal campo di sterminio di Auschwitz fino a Torino, mostrando come si presentano nel 2006 i luoghi che lo scrittore torinese descrisse nel suo romanzo La tregua.
L’inconfondibile voce di Umberto Orsini rilegge alcuni passi del libro mentre Ferrario visita l’acciaieria di Nowa Huta in Polonia, la centrale di Chernobyl in Ucraina, le aziende italiane in Romania, ricorda l’assassinio del cantante ucraino Igor Bilozir, incontra i neonazisti negazionisti a Monaco.
L’incontro conclusivo con l’amico Mario Rigoni Stern e il ricordo del suicidio dello scrittore chiudono questo documentario con inevitabile tristezza.