They è (anzi, sono, perché parla di sé al plurale) J, quattordicenne che non ha ancora definito la propria identità di genere e ha deciso di bloccare, con l’aiuto della medicina, lo sviluppo del suo corpo per concedersi un po’ di tempo prima di decidere se continuare a vivere in un corpo maschile o iniziare il processo di transizione.
J è come la pianta che mostra al fidanzato di sua sorella: è in pausa, non ancora in grado di sbocciare e mostrare la sua vera natura.
Ci sono giorni in cui si sente una ragazza, altri in cui si sente un ragazzo, e altri ancora in cui ha l’impressione di essere niente.
They è la storia di alcune persone che si trovano in una situazione incerta, non definita, e che devono compiere una scelta.
La condizione di J è costantemente messa in relazione con quella di sua sorella e del suo fidanzato: la prima deve scegliere se accettare un lavoro per cui dovrà viaggiare, il secondo è combattuto tra la volontà di tornare in Iran e la paura di rimanere bloccato là e non poter più tornare a Chicago.
La visione di questo film è un’esperienza estremamente rilassante: la scenografia, i numerosi dettagli di fiori e le riprese degli alberi si amalgamano perfettamente con il leitmotiv della poesia recitata da J, trasmettendo una sensazione di generale delicatezza e ricercata incompletezza dell’opera.
Anche la storia di J e quelle degli altri personaggi rimangono aperte e questo è probabilmente il limite di un’opera che avrebbe avuto tutte le potenzialità per sfiorare la perfezione.
Come sottolineato anche dalla produttrice Zoe Sua Cho e dall’attrice Nicole Coffineau durante la conferenza stampa, They affronta un tema molto delicato con estrema onestà e senza retorica, che traspaiono anche dalla naturalezza con cui agiscono i personaggi.
La produttrice ha anche affermato che il film è, secondo lei, la naturale prosecuzione (per quanto riguarda il tema trattato) dei precedenti cortometraggi realizzati da Anahita Ghazvinizadeh e incentrati su bambini e tematiche quali l’esplorazione delle nozioni di crescita e identità di genere.
È evidente nel film il forte desiderio della regista iraniana di dare spazio alle proprie origini e alla propria cultura, soprattutto nella parte centrale del film in cui J, la sorella e il fidanzato si trovano a casa dei parenti iraniani di quest’ultimo.
In queste scene il film è pervaso da un’atmosferica caotica, la delicatezza e l’austerità delle scene precedenti sono momentaneamente abbandonate e J è relegato al ruolo di spettatore distaccato.
La sensazione è però che questi momenti, protratti troppo a lungo, tolgano spazio alla storia di J e danneggino un racconto intimo che probabilmente avrebbe avuto molto di più da offrire.