Unas preguntas, documentario di Kristina Konrad, vuole raccontare in 237’ di piacevoli e interessanti interviste, l’identità del popolo uruguaiano, tormentato e al contempo stanco di anni di povertà e di governi dittatoriali e militari, nonché la sua voglia di vivere liberamente.
L’occasione per scendere in strada con un microfono e una macchina da presa, arriva nel 1987 quando iniziano le prime manifestazioni popolari che chiedono al governo l’abrogazione dell’amnistia verso quei militari che, durante la dittatura, si macchiarono dei più svariati reati, fra cui la tortura e il rapimento di numerose persone. Proprio da queste ondate di proteste nasce la voglia della regista di mettersi in gioco e fungere da catalizzatore dei pensieri dei cittadini comuni. Evita volutamente i nomi di politici, scrittori, personaggi illustri e con curiosità viva attraversa le strade, le piazze, i mercati, alla ricerca di risposte per le sue numerose domande che seguono quella principale, quella con cui ogni intervista comincia: «Cos’è la pace per lei?» Pace era la parola contesa dagli schieramenti di destra e di sinistra, era ciò che la politica prometteva a quel popolo stanco, sia con il mantenimento della legge dell’impunità che con la sua abrogazione. In una centrifuga di propaganda elettorale, quasi tutti avevano il proprio concetto di pace e tutti la desideravano.
L’efficacia di questo documentario risiede non solo nella genuinità delle risposte date dalle persone, ma in quella protagonista quasi invisibile sullo schermo: Marìa Barhoum, ovvero l’intervistatrice. La dote di quest’ultima risiede nella capacità di non rispondere mai agli intervistati con un’affermazione, ma rispondere con un’ulteriore domanda. Sembra quasi voler proporre un processo filosofico che garantisca il ragionamento anche in quegli individui che, inizialmente, davano risposte vaghe, non sapevano cosa dire sull’argomento o si rivelavano timidi davanti alla macchina da presa. In un cammino socratico che prevede domande prima che risposte, anche le persone più introverse prendono confidenza con l’intervistatrice e con il suo modo calmo, ragionato e delicato di domandare; senza mai pretendere di mettere il proprio pensiero al centro del dibattito fra i due schieramenti.
Proprio per la calma che infonde nelle sue domande, risalta e resta indelebile nella memoria dello spettatore un gesto naturale, istintivo, verso il finale del documentario. Fra i delusi per l’esito delle elezioni, Marìa Barhoum intercetta una signora che a stento trattiene le lacrime e mentre è in procinto di terminare il suo discorso, l’intervistatrice, fino a quel momento pacata, tranquilla, che lasciava, sì, scorgere il proprio pensiero politico ma non si esponeva mai totalmente, rompe il suo ruolo da cronista e abbraccia e bacia quella donna; da voce imparziale diventa un personaggio emotivo, totalmente coinvolto nella vicenda storica.
Kristina Konrad, rispondendo alle domande dopo la proiezione del documentario, rivela come fosse così grande la sua delusione per quell’esito elettorale, da accantonare, per molti anni, i metri e metri di pellicola; uno sconforto leggibile nelle ultime interviste del film.
Unas preguntas è un documentario che, nonostante la mole di minuti, scorre piacevolmente e fa scoprire al mondo, in una maniera semplice e intima, uno dei momenti più febbricitanti della neonata democrazia uruguaiana. La sua qualità più grande sta nel mostrare il desiderio di possedere ed esercitare il libero pensiero e il libero agire. Fosse anche quella spensieratezza e leggerezza con cui i più giovani si approcciano alla macchina da presa, desiderosi di mostrarsi, di ridere, di scherzare, stonando con i discorsi sociali e politici degli intervistati; come quelle bambine che sorridono e giocano, ignare che davanti a loro ci sono i volti delle vittime di un governo militare che tarpò le ali alla libertà di una nazione. Quei sorrisi spensierati ci parlano di pace, seppur dettata dall’ingenuità infantile.