Come è ormai costume in molti festival di cinema, anche il TFF quest’anno ha dato spazio alle serie televisive, mostrando nella sezione Festa Mobile i primi due episodi di Das Boot, prodotta da Sky, Bavaria e Sonar Entertainment e diretta da Andreas Prochaska (che è anche membro della giuria di Torino36). La serie tedesca, in otto episodi, si preannuncia come sequel ideale del film di Wolfgang Petersen Uboot-61 (1981), collocando l’azione un anno dopo gli eventi raccontati nel film.
In conferenza stampa Prochaska ha rivelato che non avrebbe mai accetto di girare un remake di Uboot-61, poiché il film di Petersen resta ancora un capolavoro. Fin dalla sequenza di apertura però, Das Boot si riallaccia virtualmente al film e ne raccoglie l’eredità, riportandoci alle atmosfere anguste e claustrofobiche del sottomarino tedesco in cui si consuma la tragedia. Mentre le bombe di profondità colpiscono il sottomarino, tra i soldati c’è chi si aggrappa a un’ultima preghiera e chi preferisce suicidarsi con un colpo di pistola piuttosto che aspettare di morire affogato. Poi, dopo i bei titoli di testa che raccolgono immagini di repertorio, l’azione entra nel vivo nel cantiere navale e nel quartier generale tedesco di La Rochelle.
A differenza dal film di Petersen, infatti, sono due le storyline in cui è divisa Das Boot: una di terra e una di mare. A terra, l’alsaziana Simone Strasser (una convincente Vicky Krieps) arriva a La Rochelle per lavorare come traduttrice per la Marina Tedesca. Tedesca in terra francese e francese in terra tedesca, Simone si ritrova implicata suo malgrado in una storia di Resistenza più grande di lei.
In mare aperto, invece, il comandante Klaus Hoffmann (giovane e inesperto, ma deciso) deve portare avanti una missione segreta che rischia di mettere a repentaglio la vita dei suoi uomini, e deve fare anche i conti con un cognome che lo lega all’ombra leggendaria del padre ponendo su di lui grandi aspettative.
Sono queste le basi che vengono gettate nei primi due episodi di Das Boot. Se è vero che due episodi su otto sono pochi per giudicare una miniserie, bisogna ammettere che Das Boot appare piuttosto riuscita. La scrittura è solida e bilancia accuratamente le sequenze di azione che si svolgono all’interno del sottomarino con quelle dai risvolti quasi thriller della storyline di terra, che per ora appare anche la più coinvolgente.
La regia di Prochaska è sapiente e pulita, e sicuramente il fatto che abbia diretto tutti gli episodi gioverà alla serie, donando quel senso di autorialità e quell’uniformità di messa in scena che spesso in opere come questa tendono a perdersi a causa delle diverse mani registiche che vi si susseguono. “Lavorare a questa serie è stata una grande sfida. Ho cercato di infondervi la mia visione artistica”, ha dichiarato Prochaska durante la presentazione al Cinema Massimo.
Il cast è piuttosto interessante: tra i protagonisti, infatti, spiccano alcuni nomi importanti. Accanto al tedesco Tom Wlaschiha, conosciuto e amato per il suo ruolo nella fortunatissima serie targata HBO Game of Thrones, troviamo Lizzy Caplan, già vista in Masters of Sex, e Vicky Krieps. Prochaska si è detto particolarmente felice che l’attrice lussemburghese, protagonista della scorsa stagione cinematografica con Il filo nascosto di Paul Thomas Anderson, abbia accettato di prendere parte all’opera. Essendo lei stessa bilingue, è stata in grado di rendere alla perfezione la divisione intrinseca al personaggio di Simone, in bilico tra due identità geografiche e sociali.
Probabilmente Das Boot non sarà il nuovo Band of Brothers o The Pacific ma, a giudicare dai primi due episodi, le basi per una serie tv solida e appassionante ci sono. Inoltre, gli va riconosciuto il merito di mostrare un pezzo di storia da una prospettiva raramente utilizzata, ovvero quella dei soldati tedeschi.
Das Boot è attualmente trasmesso in Germania, dove sta ottenendo ottimi risultati, e dal 4 gennaio arriverà anche in Italia. La curiosità di continuare la visione c’è e questo è già un buon punto di partenza.