Guido Chiesa è stato ospite del Dams per un pomeriggio: una chiacchierata cinematografica ha permesso ai ragazzi di confrontarsi con il regista piemontese.Alcuni suoi film non sono stati distribuiti adeguatamente. Secondo lei qual è il motivo?
Fino a qualche anno fa, in Italia c’era uno spettro abbastanza ampio di produzione: certo, i “Cinepanettoni” uscivano in più sale, ma anche i film d’autore avevano il loro spazio. Negl’ultimi anni, invece, questo sistema è morto. Sono aumentate le multisale che richiedono solo Blockbuster, a discapito delle piccole sale urbane. Torino, per fortuna, è un ‘eccezione. Inoltre si è verificato un mutamento antropologico nel pubblico: nessuno va più a vedere i film italiani. Quelli che hanno successo, al massimo, vengono scaricati o guardati in streaming.
Lei è contrario allo streaming?
Io sono favorevole al fatto che i film vengano scaricati, però è un fenomeno che dovrebbe essere regolato. I server che mettono la loro pubblicità dovrebbero pagare l’artista. Sarebbe un modo per sopperire alla mancata distribuzione che certi film incontrano.
A cosa va incontro un aspirante regista d’oggi?
Per fare i registi le condizioni sono mutate rispetto agl’anni 80’. Si hanno due alternative: o essere ricchi di famiglia o accettare la realtà del tempo in cui si vive. Non bisogna rinunciare a fare film, sebbene le difficoltà siano molte. Probabilmente farò un’altra commedia, perché Belli di papà è andato bene. Ma se volessi fare un film diverso magari dovrei cercare fondi all’estero. In Italia sono pochi i finanziamenti di distribuzione, sebbene vengano prodotti molti film.
Qual è la parte che ritiene più creativa nella realizzazione di un film?
Forse la cosa che mi piace di più e lavorare con gli attori. Loro mettono la faccia, rischiano molto. Ma i loro errori dipendono da me. Prima di tutto perché gli ho scelti. Ci sono registi del calibro di Pasolini e Rossellini, che consideravano gli attori alla stregua di burattini. Ecco, io non lavoro così. Mi piace istaurare un rapporto umano con l’attore, arricchire la parte insieme a lui.
Un attore si è mai rifiutato di recitare come voleva lei?
No, o scelgo attori che conosco o faccio un processo di casting. Non m’importa se l’attore fa un buon provino dal punto di vista recitativo, ma se riusciamo a capirci. Il regista non fa solo inquadrature, deve impedisce che il film devii.
Il web può essere una valida alternativa per quei film che non trovano spazio nel circuito standard?
Il problema è una questione di soldi. Con migliaia di visualizzazioni si può racimolare qualcosa ma non rientreranno mai i soldi spesi per il film. Per i cortometraggi, invece, va molto bene oltre che per gli apriranti attori.
I documentari sono un settore importante per lei?
Mi hanno chiesto di fare la regia di 3 documentari dopo l’uscita del mio primo film, con il quale non avevo guadagnato molto. Era la prima volta che ricevevo un compenso adeguato, per fare quello che amavo. Sono stati un buon terreno di prova, così come i videoclip, ma preferisco dedicarmi a film di narrativa.
Nell’ultima intervista che ha rilasciato, ha detto di essere contrario alla cinefilia.
Nell’ambito pedagogico si ritiene che bisogna guardare film per fare i film. Un caso noto è Tarantino: lui cita non c’è nulla di nuovo.
Ma se in un’opera si vedono solo immagini di altri film, non è più lo specchio della realtà. Il cinema così fatto è anemico, morto. Questo, è parte del decadimento del cinema d’autore contemporaneo. È raro trovare giovani autori che non facciano un cinema autoreferenziale. Un aspirante regista sarà inevitabilmente influenzato da tutti i film che ha visto, ma non deve limitarsi solo a quello. Può prendere spunto da diverse forme d’arte, come la pittura e la letteratura. Quarto potere non è straordinario solo per la profondità di campo o il montaggio. Visto che non era un cinefilo, Orson Wells ha avuto la libertà di sbagliare e poter raccontare il suo personaggio senza seguire le regole o i canoni allora diffusi. Lui aveva in mente qualcosa da raccontare e ha trovato la forma giusta per raccontarla.