Chi è solito guardare molti film, il cosiddetto cinefilo, impara ben presto che non ha alcun senso classificare i film in “belli” e “brutti”. Per quelli poi che non considerano l’arte come qualcosa di logico, un film è riuscito quando trasmette emozioni. Personalmente, essendo una persona pragmatica dal cuore tenero, ricerco proprio questo, tanto più da un documentario.
L’equilibrio del cucchiaino è un film sul misterioso mondo del circo visto dall’interno. Niente assurdi moralismi sui maltrattamenti degli animali o sulla vita da nomadi: il regista, Adriano Sforzi, racconta la vita di suo zio, Alberto “Bertino” Sforzi, il giocoliere più sottovalutato di sempre. Una vita dedicata all’arte circense, alla stregua di un campione olimpico senza riconoscimenti. Ripercorriamo ogni fase del suo percorso verso la perfezione. Gli esercizi, ripetuti migliaia di volte, le modifiche, la fatica, le difficoltà, i miglioramenti. Il tutto affiancato da una storia d’amore senza tempo con la moglie Ghisi, compagna sul palco e nella vita.
Alle interviste allo zio e ai parenti sono affiancate le riprese girate dallo stesso Bertino in Super8. Abbiamo quindi l’opportunità non solo di assistere alle sue esibizioni, ma anche di vedere scene intime di vita privata. Secondo il regista, queste riprese, che Bertino aveva abbandonato in un magazzino, erano destinate ad arrivare a lui, così da permettergli di dare nuova luce e vita ad un personaggio che, ai suoi occhi, non ha mai smesso di brillare.