Milano. Un padre, scontento dell’educazione che ha impartito ai figli, decide di privarli di tutti i benefici che la sua fiorente azienda aveva loro concesso. Li conduce nella sua città natale, Taranto, e dopo aver finto un infarto, li obbliga a trovare un lavoro per mantenerlo. Un classico esempio di amore paterno.
Belli di papà è un film che per una volta non incolpa i giovani dell’attuale situazione giovanile. Nessun riferimento politico né alcun risentimento verso un incorporeo Stato. I veri colpevoli sono i genitori. Coloro che hanno concesso ai giovani d’oggi ogni privilegio che a loro avevano negato, che hanno privato di ogni responsabilità la futura generazione, in quanto “Sono ragazzi” sempre pronti a giudicare ogni inclinazione che non capiscono e a giustificare di fronte agli altri ogni sbaglio. Vittime del “Io non ho potuto, quindi tu puoi”, approvano le più ridicole scelte universitarie e spiegano ai vicini di casa, con qualche difficoltà, i nuovi lavori che svolgono, dalla leggera pronuncia straniera.
Ma, oltre a puntare il dito verso una classe generazionale di cui fa parte, il regista Guido Chiesa ci mostra anche come questi ragazzi siano in grado di autogestirsi e responsabilizzarsi, se viene loro concessa l’opportunità di farlo. Forse non sarà la soluzione a tutti i problemi, ma se ognuno di noi desse una possibilità ad un giovane, qualcosa di nuovo ne verrebbe fuori.