1995, Ostia. Vittorio e Cesare sono più che amici, sono “fratelli”, cresciuti insieme nella stessa periferia e compagni di una vita che non li soddisfa, fatta di spaccio, cocaina, notti in discoteca, donne facili e con la voglia di affermarsi in un mondo che li ha abbandonati. Le loro strade a un certo punto si separano, ma certi legami non si possono rompere, nel bene e soprattutto nel male.
Terzo e ultimo film di Claudio Caligari, che è morto poco dopo averlo ultimato, Non essere cattivo rappresenta il testamento spirituale di un autore che ha sempre fatto della disperazione e della confusione esistenziale delle giovani generazioni il suo marchio di fabbrica. Non una disperazione fine a se stessa, ma una perdizione che cerca un modo di ritrovarsi, che crede che un modo per vedere la luce ci sia.
La voglia di normalità pervade questa pellicola. Vittorio cerca di “pulirsi”, trova un lavoro e l’amore di una donna; Cesare (interpretato da un sorprendente e bravissimo Luca Marinelli) è il personaggio più contraddittorio, più tormentato (commovente l’affetto che prova per la piccola nipotina), il quale alla fine sembra trovare la serenità grazie a una donna. Ma la sua è una serenità apparente, che la morte della nipote porta definitivamente via fino al drammatico epilogo che sembra calato dalla migliore tradizione dei western metropolitani degli anni ’70. Ma l’ultima sequenza, colma di speranza e innocenza, lascia trasparire che alla fine del tunnel, nonostante tutte le avversità, si intravede una luce.
Girato con ampie carrellate, avvicinamenti e primi piani, è indubbiamente il film più di regia che Caligari abbia fatto, abbandonando quello stile asciutto, documentaristico che lo caratterizzava senza però rinunciare alla rappresentazione del proletariato romano a lui tanto cara. Fotografia fredda e scelte musicali abbinate a momenti di tragicomicità ci ricordano quasi Scorsese. Il film trasuda anni ’90 nello stile e nella messa in scena (immagini dei Campionati mondiali di calcio del 1990 danno un effetto nostalgico azzeccato). Candidato italiano agli Oscar come Miglior film straniero di quest’anno, ahinoi, non è entrato nella short list finale dell’Academy.
Un film da vedere, un film umano che ricorda le debolezze che tutti noi possiamo incontrare ma che soprattutto, alla fine, ci fa capire che una via d’uscita ci può essere anche se costa molta sofferenza e il non essere cattivi può avere un prezzo molto alto.