The Fire Within è un film che non si concentra tanto sull’interesse di Herzog per i vulcani – già dimostrato in La Soufrière (1977) e Into the Inferno (2016) – quanto sull’opera di Katia e Maurice Krafft. Un requiem, come suggerisce il sottotitolo, che ruota attorno alla morte dei due celebri vulcanologi, mentre studiavano da vicino quei giganti verso cui provavano una vera e propria ossessione.
A differenza del documentario coevo di Sara Dosa (Fire of Love, 2022), focalizzato sulla storia d’amore tra i coniugi e sulla loro passione per i vulcani, l’opera di Herzog si concentra sul lavoro non tanto scientifico quanto artistico della coppia, che ha lasciato in eredità più di 200 ore di materiale filmato, lascito dal valore inestimabile e testimonianza di un immaginario straordinario.
Herzog utilizza soltanto materiali di repertorio, come aveva già fatto in Grizzly Man (2005), per suggerire, attraverso il montaggio, un punto di vista personale sull’opera dei due scienziati. Le riprese sono quelle delle spedizioni nei luoghi più impervi e remoti del mondo, dei viaggi sulle vette dei vulcani, ma soprattutto delle impressionanti eruzioni e delle colate di lava torrenziali. La voce fuoricampo suggerisce un’interpretazione dell’immaginario dei Krafft, ma si fa da parte nei momenti più intensi, lasciando che siano le immagini a parlare. Di fronte a queste riprese, tanto affascinanti e ipnotiche, quasi astratte, è impossibile non condividere il punto di vista di Herzog: i due vulcanologi sono stati anche artisti visivi, creatori (o, verrebbe da dire, cercatori) di immagini straordinarie. L’unico aspetto di cui non hanno potuto occuparsi è stato montare le loro immagini in un film, perché, secondo il regista, non hanno avuto tempo prima della prematura scomparsa.
Secondo Herzog, nei due scienziati non c’è stato soltanto l’interesse per la ricerca, ma anche il desiderio morboso di ottenere immagini straordinarie, di spingersi oltre il limite del rappresentabile in una sfida con sé stessi e con i propri limiti. In questo senso, i due vulcanologi incarnano l’ideale eroe herzoghiano, quei sognatori folli che hanno popolato il suo cinema, come Fitzcarraldo, che fece issare una nave sulla cima di una montagna, o Timothy Treadwell del già citato Grizzly Man. Come Herzog, i Krafft sono stati ossessionati dalla ricerca di immagini estreme e sempre nuove. Si sono spinti oltre i confini della documentazione, cercando di cogliere l’essenza misteriosa e l’energia distruttiva della natura. Ma volendo filmare l’ignoto, sono stati divorati dalla loro stessa ossessione. A rimanere sono le immagini, straordinarie e immortali.
Fabio Bertolotto