Il cielo brucia sopra la testa di Leon (Thomas Schubert), autore senza speranza che sta scrivendo un libro senza avere una storia. Il cruccio cresce sul suo volto mentre si ripete che sono gli altri che non lo capiscono, e intanto si nasconde nei suoi vestiti sempre neri, si eclissa spesso in zone d’ombra, si apposta nell’angolo cieco di una porta-finestra a sbriciare le vite degli altri. Ha un tatuaggio sul petto di cui si intuisce solo qualche punta dietro l’orlo della camicia: sembra l’immagine perfetta per riassumere una persona che ha quasi paura di fare capolino nel mondo reale.
Presentato fuori concorso al 41° Torino Film Festival, Roter Himmel di Christian Petzold ha un’architettura essenziale ma precisa. Alla base, c’è la crisi esistenziale di Leon, la quintessenza dell’autore narcisista che vorrebbe controllare il mondo come se fosse composto degli stessi personaggi che animano i suoi romanzi. Il suo precario equilibrio è rotto da Nadja (Paula Beer), unico personaggio femminile del racconto, una donna che a Leon sembra sfuggente e incomprensibile. Ed è forse per questo si innamora di lei: perché la vede come un punto di domanda, come se nella vaghezza potesse darle forma con la sua immaginazione – come il personaggio di un romanzo. Ma Nadja, a differenza sua, non vuole nascondersi: «Perché non mi hai detto che eri una dottoranda in letteratura?», chiede lui quando la scopre sua pari (e addirittura superiore) nell’ambito lavorativo. «Perché non me l’hai chiesto», replica a mento alto lei.
Non proprio una storia d’amore, quella che scrive Petzold, quanto più una storia sull’amore e sul raccontare l’amore, la metafora di una necessità di raccontare storie che allo stesso tempo salva e condanna. La tragedia è inevitabile ed è addirittura uno sfondo costante, come lo è il cielo rosso di fiamme che riempie la breve vacanza dei protagonisti. Quando arriva – come arriva nella vita di Leon – possiamo ignorarla del tutto, consumati dalle nostre triviali emozioni che ci fanno credere il centro del mondo. Oppure, al contrario, restarne tanto scossi da sublimarla fino a renderla poesia.
Valentina Testa