La 41ª edizione del Tff termina con la proiezione di Christine – La macchina infernale, horror del 1983 con cui Steve Della Casa decide di concludere i suoi due anni di direzione del festival. La scelta non è casuale: il film di John Carpenter fece parte, più di vent’anni fa, di una delle retrospettive dedicate ai cineasti americani poco compresi e un po’ snobbati dalla critica, come George Romero e John Milius. A quarant’anni dall’uscita nelle sale, Della Casa propone una lettura diversa di uno degli horror più riusciti e sottovalutati di Carpenter, tratto da uno dei romanzi più belli e trascurati di Stephen King. Un’opera rimasta in disparte, all’ombra dei film più noti del regista, come La cosa (The Thing, 1982) o Halloween (1978).
Christine è una Plymouth Fury rossa del ’57, di cui si innamora il protagonista, il liceale Arnie (interpretato da Keith Gordon). Ma Christine ha qualcosa di sinistro: è nata in un’oscura catena di montaggio e chiunque abbia cercato di esserne il proprietario è morto in circostanze inspiegabili. Arnie la trova in una discarica, la acquista per pochi dollari e ne diventa ossessionato, trasformandosi in un ragazzo sempre più arrogante. Il film può essere visto come la storia di un amore logorante, capace di corrompere e mutare l’individuo. Una storia di possesso che mette in guardia dalla fascinazione per gli oggetti di consumo, seducenti e al tempo stesso mortali. Carpenter prende di mira il modo in cui gli anni ’80 guardavano al passato, con le politiche economiche neoliberali e il modello di una società ossessionata dal consumo e dall’ansia del possesso, come quella degli anni ’50.
Christine è una macchina pensante, ha vita propria ed è, a tutti gli effetti, un’intelligenza artificiale. È anche in questo senso che può essere interpretato il film, come una riflessione molto attuale sui pericoli dell’automazione e sulla paura che la tecnologia possa prendere il sopravvento sull’essere umano. La Plymouth Fury rossa degli anni ’50 sembra una premonizione dei nostri timori verso l’intelligenza artificiale.
Fabio Bertolotto
Articolo pubblicato su la Repubblica il 2 dicembre 2023