Si destreggia sapientemente tra realtà e finzione l’opera seconda di Chloé Mahieu e Lila Pinell selezionata in concorso: Kiss and Cry, infatti, è un film di fiction che sorge da un precedente progetto documentario delle stesse registe. Si tratta di Boucle piqué, mediometraggio uscito nel 2012 che attraverso l’occhio di Chloé e Lila mostrava la realtà di un gruppo di piccole pattinatrici e del loro allenatore durante uno stage estivo.
L’interesse delle due autrici francesi per il mondo del pattinaggio artistico – come ha rivelato Mahieu in Conferenza stampa – è motivato da due aspetti contrastanti: da una parte l’estetica, rappresentata dagli abiti luccicanti da piccole miss e dalla magia del ghiaccio; dall’altra la durezza e la rivalità che si celano dietro l’apparenza. Impossibile non pensare al film di prossima uscita I, Tonya di Craig Gillespie, che racconterà l’aggressione della pattinatrice Nancy Kerrigan ordinata dalla rivale Tonya Harding, caso eclatante di competizione smisurata.
Rimasta la voglia di raccontare questo universo, le registe hanno contattato Sarah Bramms, una delle protagoniste del documentario, e le hanno chiesto di raccontare una fase della sua vita aggiungendo alcuni elementi di finzione; l’interpretazione gode infatti della corrispondenza tra attrice e personaggio. Notevole anche l’apporto del crudele allenatore Xavier Dias, che ha saputo interpretare se stesso alla perfezione accentuando l’aggressività verbale e rappresentando di fatto l’unica componente ironica del film.
Assistiamo quindi alle giornate di Sarah e delle compagne, ragazzine in piena esplosione adolescenziale che devono destreggiarsi tra durissimi allenamenti di pattinaggio – cadenzati dagli insulti del militaresco allenatore – e la scoperta del mondo adulto, rappresentato soprattutto da quel divertimento che lo sport non ha mai permesso loro di conoscere.
Niente di nuovo sul fronte delle tematiche affrontate oltre allo sport: il fumo, l’alcool, la logica del “branco”, la sessualità, ma con una particolare attenzione alle degenerazioni della tecnologia, come la pratica del sexting, le chat a sfondo sessuale che prevedono lo scambio di foto senza veli, strumento di ribellione delle protagoniste contro la tensione. Lo sguardo però non è mai giudicante, piuttosto empatico e indulgente verso le ragazze, estenuate dagli allenamenti e dall’ossessione per la performance perfetta.
Lo stile del film testimonia la sua natura ibrida, alternando sequenze dallo spiccato spirito documentaristico, in cui la camera indugia nell’osservazione della realtà presentata senza raccontare nulla, e sequenze predisposte allo sviluppo narrativo che rivelano maggiormente la presenza registica. Dal momento che la storia narrata non presenta particolari guizzi di interesse e originalità, è proprio la componente documentaristica la più apprezzabile di Kiss and Cry: un ritratto estremamente credibile del duro mondo del pattinaggio e della fase adolescenziale, soprattutto attraverso i lunghi e realistici dialoghi, spesso improvvisati dalle giovani intepreti. La naturalezza di queste scene è dovuta all’insolito rapporto di intimità che si è creato tra le giovani attrici e le registe, che hanno effettuato un lavoro umano prima che artistico.