Strizzando l’occhio al ’68, il giallo si tinge di commedia
Moses Wine (Richard Dreyfuss) è un detective privato che vive alla giornata. Nel ’68 era un giovane attivista a Berkeley, ma i sogni hanno lasciato spazio al disincanto. Viene assunto da una sua vecchia fiamma (Susan Anspach) per risolvere un caso di spionaggio elettorale nei confronti di un politico californiano; ma la faccenda è ben più pericolosa di quanto si immagini…Tratto da un romanzo di Roger L. Simon che firma lo script, The Big Fix (1978) è un piccolo gioiello della commedia poliziesca ormai introvabile in Italia (i più fortunati riusciranno forse a rimediarlo in qualche vecchia copia VHS). Il regista Jeremy Kagan mette in scena la storia nostalgica di una generazione che ha fatto la storia degli Stati Uniti forse più nell’immaginario che nella realtà. Richard Dreyfuss è in stato di grazia, perfetto nel ruolo di un “ex rivoluzionario” e con una verve che anticipa di quasi un decennio il brillante ruolo dell’agente federale del più celebre Sorveglianza… speciale, diretto da John Badham.
Il detective protagonista è atipico per quegli anni: ironico, sornione, ha come aiutanti i propri figli (esilaranti i siparietti che li vedono protagonisti) e non rinuncia mai alla battuta. Moses Wine rappresenta l’America degli anni ’70, ormai disillusa, in cui i sognatori sessantottini, resi cinici e duri dalla vita, sono ormai cresciuti. Il rivoluzionario si è imborghesito e i picchetti nelle piazze hanno lasciato spazio ai barbecue in giardino. Il film che ironizza non solo sugli States, ma su tutto il mondo occidentale di oggi. Da giovani si vuole cambiare il mondo, ma alla fine è il mondo che cambia noi, o meglio ci si adatta conservando solo nostalgici ricordi (commovente la scena in cui il personaggio di Dreyfuss piange riguardando vecchie riprese di marce di protesta).
Il tocco ironico che pervade il film è quello che caratterizzerà tutta la commedia poliziesca dei decenni seguenti (da Arma Letale di Donner al 48 Ore di Walter Hill) ed è forse il primo film che riesce a ironizzare anche sul Vietnam e sullo scandalo Watergate (il caso per cui viene assunto Moses Wine ne è quasi una parodia). Il cast è piano di volti che diverranno celebri negli anni a seguire (John Lithgow e Murray Abraham su tutti) e la colonna sonora del Premio Oscar Bill Conti è una piccola chicca da recuperare e da godersi in periodo come questo, in cui tutto viene preso tanto, troppo sul serio.