Nel 2018 la figura dello zombie è così onnipresente nei nostri media da aver perso in parte sia la sua forza critica, sia la sua capacità di far paura. Cinema, televisione, fumetti e videogiochi hanno sfruttato talmente tanto l’immagine dei morti viventi che risulta difficile creare qualcosa di nuovo. Dominique Rocher ci prova relegando questa figura al margine della sua storia horror. Ovviamente nel suo film gli zombie sono presenti in grande quantità, ma sembrano soltanto un pretesto per isolare il protagonista Sam (Anders Danielsen Lie) in una prigionia solitaria all’interno di un appartamento parigino.È la solitudine, infatti, la vera coprotagonista della pellicola. Silenzi schiaccianti e vuoti che congelano il cuore accompagneranno l’ultimo umano per i lunghi mesi della sua sopravvivenza, spingendolo a cercare modi sempre nuovi per riempire il suo tempo e soprattutto per non impazzire, perché stando troppo tempo soli con noi stessi tutti finiremmo con l’impazzire. Incapace di distinguere tra realtà e allucinazione, Sam diventa il suo peggior nemico, assumendo una serie di atteggiamenti sempre più autodistruttivi, cercando modi sempre nuovi per ricordarsi di essere vivo, e di essere diverso dalle creature che lo circondano.
Forse forzerò un po’ la mano, soprattutto perché il film è tratto da un romanzo che conosco solo superficialmente, ma credo che l’atteggiamento del protagonista possa essere letto come quello di una persona che sta attraversando un momento di grande depressione. Seguendo questa chiave di lettura possiamo vedere quanto accade nel prologo del film come la causa scatenante. Sam si trova infatti nell’appartamento della sua ex ragazza per riprendere delle vecchie musicassette, qui lei ha organizzato una grande festa con il nuovo fidanzato e i suoi amici. Vederla felice e innamorata senza di lui spinge il giovane protagonista ad allontanarsi per cercare la solitudine. Addormentandosi in una stanza vuota si salva da quella che sembra essere la fine del (suo) mondo. Forse si tratta solo di un sogno, un’elaborazione onirica della conclusione della sua storia, ciò che è certo è che l’atteggiamento di Sam davanti all’apocalisse è quello di una persona in difficoltà: isolato, solo con i suoi demoni, sull’orlo della disperazione e più volte del suicidio, troverà comunque la forza di andare avanti, di sopravvivere, di vedere l’alba un’altra volta. Non importa quanto i suoi sforzi sembrino vani e futili, nonostante la vita continua a proporgli nuove difficoltà, non si arrende e continua a combattere; in fondo questo è ciò che anche noi facciamo nella nostra vita. Quando le difficoltà ci schiacciano e tutto ci sembra più nero, non ci arrendiamo ma continuiamo a vivere, perché siamo uomini e non zombie.