«Ci abbiamo provato».
Tre semplici parole, una sorta di testamento. Una dichiarazione in apparenza sconfortata, che si rivela monito per il futuro, racchiudendo forse il senso stesso del documentario Herzog incontra Gorbaciov, diretto da Werner Herzog e André Singer nel 2018 e distribuito in Italia per pochi giorni questo gennaio.
Trasversalmente al suo soggetto principale, la riflessione sugli attuali equilibri mondiali non passa in sordina ma assume un’incontenibile concretezza, filtrando attraverso la ricerca di quella “verità estatica” di cui Herzog si è fatto portavoce in tutta la sua lunga e singolare carriera. La sua personale visione del genere documentario, seppur cucita su di un film per certi versi differente dai precedenti – per staticità per lo meno – non viene tradita, riuscendo a costruire un documento storico-politico che non rinuncia alle venature poetiche e alle tipiche licenze di riscrittura herzogiane. Attraverso il montaggio, a tratti ironico, di materiali di archivio e consistenti frammenti delle tre conversazioni tra il regista e il politico, emerge tutta la fascinazione per la cultura russa e per la sua intrinseca poesia.
Nella carrellata di personaggi fuori dall’ordinario che costellano la filmografia di Herzog, Gorbaciov non fa di certo eccezione, nel suo progetto riformista, sfociato poi, contro la sua volontà, nella dissoluzione dell’URSS. Ecco il nodo cruciale del film: Gorbaciov personaggio tragico, applaudito dal mondo come colui che pose fine a una tensione durata oltre quarant’anni, accusato però dai russi di essere il responsabile del crollo dell’Unione Sovietica. Infine, e nonostante tutto, Gorbaciov è un uomo solo e dimenticato, che però non rinuncia alla sua emblematica dignità. Un uomo anziano che sembra ripetere come un mantra la oggi tradita ideologia per cui si è battuto, resistendo testardamente a ogni tentativo del regista e interlocutore di immergersi in questioni più spinose.
Se ad alcuni il film può apparire come un’interpretazione a tratti edulcorata della politica di Gorbaciov agli sgoccioli della guerra fredda, la scelta di Herzog è del tutto cinematografica e poetica, che si traduce nel mettere consapevolmente in luce l’umanità del politico. Segno tangibile ne è la genuinità con cui Herzog affronta il tema dell’amatissima moglie venuta a mancare prematuramente, che riporta il dramma dell’ex presidente su di un piano intimo e personale. Certamente non casuale è il parallelismo tra la politica indifferente e la realtà dell’uomo di cui essa dovrebbe curarsi.
Nonostante la garbata reticenza di Gorbaciov, il ritratto che emerge è caratteristico della sincerità di sguardo del regista tedesco, capace di sottolineare l’estrema solitudine e il doloroso rammarico con cui il politico guarda al passato e, con occhi stanchi, al futuro.
Unica pecca – non del film ma piuttosto della distribuzione italiana – la scelta di proiettarlo in versione doppiata, facendo venir meno uno degli elementi fondanti della cifra stilistica di Herzog: la sua inconfondibile voce.
Ada Turco
HERZOG INCONTRA GORBACIOV (Stati Uniti/Germania/Regno Unito, 2018, 90’)
regia Werner Herzog, André Singer
sceneggiatura Werner Herzog
fotografia Yuri Burak, Richard Blanshard
montaggio Michael Ellis
musica Nick Singer
con Mikhail Gorbachev, Werner Herzog, Miklos Nemeth, George Shultz, James A. Baker III
produzione Lucki Stipetic for Werner Herzog Filmproduktion, Andre Singer / Spring Films
produttore esecutivo Richard Melman for Spring Films, Molly Thompson for A&E Networks, Eli Lehrer for A&E Networks
co-produttore Lynette Singer
Brava, come sempre, nelle tue recensioni: linguaggio sciolto, lessico appropriato e ricercato quel tanto che basta