Non matta, ma piena di un’incompresa vitalità. Alda Merini, la donna che fece della poesia oggetto di amore e ossessione, tormento e follia, è la protagonista di Folle d’amore: Alda Merini, presentato fuori concorso alla 41° edizione del TFF. Il ritratto della poetessa e della donna dà voce a una figura che, più di tante altre, urla alle nuove generazioni la necessità e l’urgenza di esprimersi, a cui non ha mai rinunciato, nemmeno negli anni del manicomio.
Il film di Roberto Faenza è curato in ogni minimo dettaglio, tanto da non lasciar spazio ad alcun tipo di immaginazione. Forse il grande pregio del film è proprio la cura maniacale per la ricostruzione filologica: dalle scritte impresse sul «muro degli angeli» del suo appartamento sui navigli a Milano, al lavoro scrupoloso sulla gestualità e la voce di Laura Morante nei panni di Alda Merini. Tutto sembra essere al suo posto, persino il disordine che domina l’appartamento: lo spettatore è come catapultato all’interno delle mura domestiche in cui, tra vestiti abbandonati e padelle fuori posto, la confusione regna sovrana. Ma, nonostante tutto, la casa di Alda Merini è un luogo caldo e accogliente.
La conversazione tra la poetessa e un giovane Arnoldo Mondadori (Federico Cesari) è il perno attorno cui gravita l’intera struttura narrativa: passando da un flashback all’altro, Faenza mostra Merini in età già avanzata che, con la sigaretta sempre in mano, si concede al pubblico lasciando trasparire ogni aspetto della sua personalità. Una donna ironica, sognatrice e testarda fin dalla giovane età; una ragazza che non ha mai abbandonato i propri desideri, neanche di fronte a una famiglia che non sapeva sognare con lei; una ragazza che ha saputo trasformare l’incontro con una docente in un punto di non ritorno. Una poetessa che ha saputo fare delle sue parole la voce di tutte.
Folle d’amore si presenta con la semplicità di un libro aperto: soprattutto è la storia di una donna affamata di poesia, di cultura e di riconoscimento, la cui vita sembra un romanzo che, finalmente, siamo riusciti a sfogliare.
Elisa Gnani
Articolo pubblicato su “la Repubblica” il 2 dicembre 2023