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“SOBRE LAS NUBES” DI MARÍA APARICIO

A volte alcuni film hanno davvero il sapore del ritratto. Non si presentano spesso: d’altronde non è mai facile ritrarre qualcuno o qualcosa, ma una volta palesati in tutta la loro forza, diventa difficile uscirne indifferenti. Perché un ritratto ben fatto è così: ha il potere di rendere noto ciò che prima era sconosciuto ai nostri occhi, di rendere viva una tela, o, come in questo caso, di rendere viva una città partendo dai ritratti di coloro che la popolano.

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“SUR L’ADAMANT” DI NICHOLAS PHILIBERT

A Parigi, nel mezzo della Senna, l’Adamant, un singolare centro psichiatrico diurno costruito su una struttura galleggiante diventa teatro delle attività di arteterapia più disparate, animate da operatori sanitari aperti al dialogo e da pazienti consapevoli sia dei loro disturbi sia degli effetti benefici di questa esperienza. Sur l’Adamant di Nicholas Philibert, Orso d’oro della 73esima Berlinale, è il tentativo di mostrare una via che si oppone al deterioramento e alla disumanizzazione della psichiatria, emblematici di un mondo che pensa solo all’efficienza economica anche nel settore sanitario.

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“DOR (LONGING)” DI JANNES CALLENS

Afflitto da una ricerca senza meta, il protagonista di DOR (Longing), il belga-rumeno Stefan Gota, ritorna nella sua terra d’origine – nei paesaggi bucolici della Romania – per tentare così di trovare la risposta giusta tra le “infinite che ci sono”. Il regista Jannes Callens, tuttavia, si trattiene dal dichiarare quale sia il senso scovato dal giovane, estendendo alle immagini l’atmosfera di sospensione e di desiderio – da cui il nome del mediometraggio – che concretizza gli affetti del protagonista.

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“GORGONA” DI ANTONIO TIBALDI

Quotidianità e lavoro. Due entità inseparabili nella casa di reclusione di Gorgona, un’isola-carcere a diciannove miglia di distanza dalle coste della Toscana. Un penitenziario concepito come colonia agricola. Un luogo dove culture, religioni, politica e musica s’incontrano senza scontrarsi. Uno spazio distante dal mondo reale. Un territorio dove addirittura i giornalisti perdono le coordinate del loro mestiere e a tratti si comportano come se stessero assistendo a uno spettacolo esotico da scoprire e da ammirare più che da analizzare con raziocinio.

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