EUROPA CENTRALE di Gianluca Minucci

Per tutta la visione dell’opera prima di Gianluca Minucci lo spettatore si ritrova in uno stato di costante ipersollecitazione sonora, visiva, emotiva, persino tattile e olfattiva.

I rumori discontinui e metallici del treno su cui i personaggi viaggiano risultano tanto assordanti quanto lo è il silenzio. È proprio nel silenzio, nel non detto e nel taciuto dei personaggi, infatti, che si cela il seme del dubbio, l’angoscia di non sapere mai con certezza chi ci troviamo di fronte, di chi ci possiamo fidare. Il silenzio è il suono della paranoia al quale fanno da contrappunto l’ambiente sonoro e le musiche originali di Zbigniew Preisner. Cosa ci fa più paura: gli altri che abbiamo davanti e non conosciamo oppure noi stessi con le nostre voci interiori che prendono il sopravvento quando tutto intorno tace? 

Interamente ambientato su un treno che attraversa l’Europa centrale nel 1940, il film è una sorta di kammerspiel che si muove su più livelli, tra filologia ed epicità. Il senso di oppressione e angoscia è accentuato dallo spazio angusto e soffocante del treno che sembra viaggiare senza una meta concreta. Il mondo che prende vita sullo schermo risulta così circoscritto all’interno di quel treno che costituisce il microcosmo in cui si sviluppano le dinamiche tra i personaggi non a caso interpretati da attori di solida formazione teatrale.

Un viaggio che sembra sospeso nello spazio e nel tempo, avvolto in un’aura quasi sacrale, al quale il lavoro di scrittura a quattro mani di Minucci e Patrick Karlsen restituisce tuttavia una coerenza storica e filologica chiare ed evidenti.

Silvia De Gattis

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