ella lingua italiana il termine “campo” può significare molte cose. In primo luogo, sta ad indicare uno spazio limitato di terreno destinato alla coltivazione. Quello spazio che Martino Giletta, contadino di Saluzzo, si è visto espropriare dallo Stato allo scopo di accogliervi i numerosi stranieri in cerca di lavoro come raccoglitori nei frutteti della regione. Ecco il secondo luogo di significazione: campo di tende. Naturalmente il produttore e regista del documentario Su campi avversi Andrea Fenoglio – al suo primo lungometraggio, realizzato in collaborazione con Matteo Tortone – ha potuto trovare questa drammatica testimonianza partendo proprio dai migranti stagionali di origine subsahariana presenti sul territorio.
Nonostante il titolo impegnativo, Hong Kong Trilogy di Christopher Doyle è un unico film, e nemmeno particolarmente lungo. Un documentario dedicato dal noto Direttore della fotografia australiano alla sua amata patria d’adozione. Dopo avere lavorato con registi di tutto il mondo, tra cui Wong kar-wai (quasi l’intera filmografia), Gus Van Sant, M. Night Shyamalan e Neil Jordan, Doyle si lancia nella picaresca impresa di raccontare la città cinese da un punto di vista completamente diverso dal solito e in completa autonomia.
– Mi hanno detto che ha un’amante. Riesci a vedere dove la tiene nascosta? – Riesco a vedere solo la sua vita passata. – Focalizzati sul presente, per favore. Voglio saperlo.
Una moglie tradita siede al capezzale del marito in coma in compagnia di una giovane sensitiva la quale, come lo zio Boonmee, si ricorda le vite precedenti. Ci troviamo nel piccolo ospedale di un villaggio dell’entroterra thailandese. Lo stesso villaggio in cui è cresciuto il regista Apichatpong Weerasethakul (la madre era medico in una struttura molto simile) e in cui ritorna dopo aver vissuto e lavorato negli Stati Uniti.
Oggi la Grecia è un paese socialmente e culturalmente in crisi, eppure il cinema nazionale è sempre molto attento nel monitorare questa crisi e nel coglierne ogni minimo segnale di movimento. Non esiste una vera e propria Scuola che riunisca la nuova generazione di cineasti greci, ma ciò non significa che non siano presenti caratteri comuni alle diverse poetiche.