Unas preguntas, documentario di Kristina Konrad, vuole raccontare in 237’ di piacevoli e interessanti interviste, l’identità del popolo uruguaiano, tormentato e al contempo stanco di anni di povertà e di governi dittatoriali e militari, nonché la sua voglia di vivere liberamente.
L’occasione per scendere in strada con un microfono e una macchina da presa, arriva nel 1987 quando iniziano le prime manifestazioni popolari che chiedono al governo l’abrogazione dell’amnistia verso quei militari che, durante la dittatura, si macchiarono dei più svariati reati, fra cui la tortura e il rapimento di numerose persone. Proprio da queste ondate di proteste nasce la voglia della regista di mettersi in gioco e fungere da catalizzatore dei pensieri dei cittadini comuni. Evita volutamente i nomi di politici, scrittori, personaggi illustri e con curiosità viva attraversa le strade, le piazze, i mercati, alla ricerca di risposte per le sue numerose domande che seguono quella principale, quella con cui ogni intervista comincia: «Cos’è la pace per lei?» Pace era la parola contesa dagli schieramenti di destra e di sinistra, era ciò che la politica prometteva a quel popolo stanco, sia con il mantenimento della legge dell’impunità che con la sua abrogazione. In una centrifuga di propaganda elettorale, quasi tutti avevano il proprio concetto di pace e tutti la desideravano.
“NUEVA ERA” DI MATTI HARJU
Notte. Camera fissa su un paesaggio post industriale con binari e luci a intermittenza. Fin dall’incipit, Nueva Era non è disposto a scendere a compromessi con lo spettatore, non introduce a una narrazione, anzi, non è interessato a farlo. Nei pressi di un bosco, due amici, uno dei quali è l’artista finlandese Matti Harju, fumano tabacco da rolling. Da qui le immagini, alternate a repentini stacchi e rallentamenti, si fanno flusso, difficilmente controllabile e vicino a certe opere di videoarte, spaziando da parcheggi di centri commerciali e vecchi depositi d’auto a interni di fredde camere e sale da bowling. C’è anche una enigmatica figura femminile il cui sguardo è spesso sfuggente, negato agli spettatori dal buio o dai lunghi e scuri capelli. Continua la lettura di “NUEVA ERA” DI MATTI HARJU
“ANGELO” BY MARKUS SCHLEINZER
Article by: Annagiulia Zoccarato
Translation by: Daniele Gianolio
“To accept your role in life or to rise up against it?” Angelo, the main character of Markus Schleinzer’s film competing in Torino 36, must answer this rhetorical question.
What is his role in life? Angelo was torn off from his family and land and was sold as a slave in Europe. A countess decided to buy him in order to turn the poor kid into some sort of living educational experiment. Therefore one might say that he was luckier than the average of his fellow slaves. But is it really so? The movie is set at the dawn of the 18th century, when the so-called “white man’s burden” sort of feeling was widely spread across Europe. According to it, the white, acting like a savior, would take upon himself the mission of bringing civilization to those savage and barbaric tribes and to those men who were considered as “godless, unaccustomed to hard work and born to be enslaved”. Angelo receives the upper-class upbringing, focused on music, arts and the Christian religion, and lives the well-fixed life of the nobility. However, he will never be regarded as equal by his own peers. Despite playing an important role at the Viennese court, for his entire life he will have to suffer because of the more or less subtle racism of those around him.
“ANGELO” DI MARKUS SCHLEINZER
“Accettare il proprio ruolo nella vita o ribellarsi?” È questa la domanda retorica che viene posta ad Angelo, protagonista dell’omonimo film di Markus Schleinzer in concorso a Torino36.
Ma qual è il suo ruolo? Angelo è stato strappato alla sua famiglia e alla sua terra per essere venduto come schiavo in Europa. Forse meno sfortunato di altri (ma è poi davvero così?), Angelo è stato accolto da una contessa per diventare una sorta di esperimento educativo vivente. Sono gli albori del XVIII secolo e l’atteggiamento che in seguito sarà definito fardello dell’uomo bianco è già ampiamente diffuso. Ed ecco quindi che l’uomo bianco e salvatore fa propria la missione di portare la civilizzazione a popolazioni barbare e indigene, a quegli “uomini nati schiavi, senza voglia di lavorare e senza Dio.” Angelo crescerà educato all’arte, alla musica, alla religione cristiana; vivrà una vita agiata, ma non sarà mai accettato come pari. Avrà un importante ruolo alla corte viennese ma per tutta la vita sarà costretto a subire il razzismo, più o meno latente, di coloro con cui si confronterà.
“53 WOJNY” BY EWA BUKOWSKA
Article by: Cristian Viteritti
Translation by: Cinzia Angelini
An explosion is a rapid and localized release of energy, mainly consisting in an exothermic decomposition of explosives, generally following an ignition; or in the sudden and fast expansion of a compressed gas. It is followed by significant effects due to the transformation into mechanical work of the energy released. If the explosion interacts with obstacles, the more the surface invested is and the closer it is to the centre of the explosion, the greater the energy exerted on themselves is. Which means that, if a bomb explodes close to a man’s body, it will be completely disintegrated.
“53 WOJNY” DI EWA BUKOWSKA
Un’esplosione è una rapida e localizzata liberazione di energia, consistente per lo più nella decomposizione esotermica di esplosivi, generalmente in seguito ad accensione, o nell’improvvisa e rapida espansione di un gas compresso, accompagnata da considerevoli effetti dovuti alla trasformazione in lavoro meccanico dell’energia liberata. Se incontra ostacoli esercita su di essi una forza tanto maggiore quanto maggiore è la superficie investita e quanto più è vicina al centro dell’esplosione. Questo vuol dire che, se una bomba esplode vicino al corpo di un uomo, esso sarà completamente disintegrato.
“MATHIEU AMALRIC, L’ART ET LA MATIÈRE” DI ANDRÉ S. LABARTHE E QUENTIN MÉVEL
Mettere a nudo la propria arte lasciandosi filmare durante un processo creativo: Mathieu Amalric, l’art et la matière è un film di André S. Labarthe e Quentin Mével che scruta proprio in ogni sua sfaccettatura l’attore e regista Mathieu Amalric, mostrando allo spettatore il suo modo di lavorare e di inventare sul set del film Barbara.
Come ha dichiarato nel dibattito in sala Quentin Mével, i due registi hanno microfonato il loro protagonista per l’intera durata delle riprese, lasciando che un ingegnere del suono provvedesse ad avvisarli quando avvertiva un momento interessante o un’illuminazione di Amarlic.
Continua la lettura di “MATHIEU AMALRIC, L’ART ET LA MATIÈRE” DI ANDRÉ S. LABARTHE E QUENTIN MÉVEL
“TYREL” BY SEBASTIÁN SILVA
Article by: Elisabetta Vannelli
Translation by: Laura Facciolo
Loneliness is an emotion that you can feel in an empty room as well as in a square full of people. It’s a reflection of the private feeling of inadequacy, a physical limit that it’s hard to overpass.
Sebastián Silva is a young Chilean director who is now committed in the United States. After presenting another film called La nana (The Maid 2009), now he returns at the Torino Film Festival in the After Hours section with his film Tyrel (2018), which has been presented at the Sundance Film Festival in a world premiere. In the United States this film has been defined as “the new Get Out” (Get Out, 2017, Jordan Peele). Tyler (Jason Mitchell) is an Afro-American boy who spends a weekend with a group of white guys, but he can’t fit in because he is black.
“TYREL” DI SEBASTIÁN SILVA
La solitudine può emergere in una stanza vuota o in una piazza gremita di persone. È il riflesso di un’inadeguatezza interiore, un limite fisico difficilmente valicabile.
Sebastián Silva è un giovane regista cileno attualmente impegnato negli Stati Uniti. Già presente al Torino Film Festival, dove aveva presentato La nana (Affetti e dispetti 2009), Silva ritorna nella sezione After Hours con il film Tyrel (2018), proposto in anteprima mondiale al Sundance Film Festival e definito negli States “il nuovo Get Out” (Scappa-Get Out, 2017, Jordan Peele). Tyler (Jason Mitchell) è un ragazzo afroamericano che trascorre un week-end di baldoria insieme a un gruppo di “white guys” ma che non riesce ad integrarsi per via della sua condizione di unico ragazzo di colore. Continua la lettura di “TYREL” DI SEBASTIÁN SILVA
“NOS BATAILLES” DI GUILLAUME SENEZ
Sono due le battaglie, intrecciate e parallele, evocate dal titolo di questa brillante opera seconda e raccontate con invidiabile maestria.
Guillaume Senez è volto noto al pubblico torinese per il suo film d’esordio Keeper, che nel 2015 ha conquistato la vittoria al Torino Film Festival. Il regista franco-belga concorre quest’anno nella sezione principale con Nos batailles, opera seconda che indaga le difficoltà di un uomo di fronte al crollo di ogni sicurezza.
“NOS BATAILLES” BY GUILLAUME SENEZ
Article by: Gianmarco Perrone
Translation by: Gianmarco Caniglia
Two battles, running in parallel but intertwined, are evoked by the title of this brilliant feature and told with remarkable mastery.
Turin’s audience already knows Guillaume Senez for his debut film Keeper, winner of the Turin Film Festival in 2015. This year the French-Belgian director competes in the main section with Nos Batailles, that investigates the difficulties of a man facing the collapse of his every certainty.
“DOVLATOV” DI ALEKSEY GERMAN JR.
Tra il biopic e l’invenzione, Dovlatov è la storia di un uomo che, nel suo vagabondare, intercetta storie di corpi e volti che gli sono incidentali – storie di resistenza (e non di dissidenza) contro il potere e i suoi dispositivi banali, in questo caso soprattutto editoriali. Perché Dovlatov, scrittore e giornalista nella Russia sovietica degli anni ’70, non riesce a farsi pubblicare, colpevole di inopportuna ironia e troppa fraintendibile sincerità. Accanto a lui le storie di quella gran folla di personaggi che popola gli spazi dell’ambiziosissima messa in scena che ricostruisce magnificamente un’epoca. Ed è questa galassia di volti russi e di corpi nomadi che costellano il tragitto esistenziale di Dovlatov, la forza viva del film.
“LES GRANDS SQUELETTES” DI PHILIPPE RAMOS
Le domande universali che l’individuo si pone quotidianamente prendono vita in Les grands squelettes, un fotoromanzo eterodosso del regista transalpino Philippe Ramos. Già associato a punte di diamante della scena autoriale francese come Leos Carax e Yves Caumon, Ramos presenta la sua ultima creatura nella sezione Onde, la più sperimentale del festival. Continua la lettura di “LES GRANDS SQUELETTES” DI PHILIPPE RAMOS
“THE WHITE CROW” DI RALPH FIENNES
Un biopic sulla vita di Rudolf Nureyev, il grande ballerino, è la terza opera alla regia di Ralph Fiennes, noto al pubblico per la sua carriera di attore (Harry Potter, Schindler’s List, Grand Budapest Hotel, per citare solo alcuni dei titoli più noti) e che nel proprio film decide di interpretare la parte del maestro di ballo all’Accademia di danza di San Pietroburgo (all’epoca Leningrado).
“THE WHITE CROW” BY RALPH FIENNES
Article by: Samuele Zucchet
Translation by: Giulia Quercia
A biopic about the life of the famous dancer Rudolf Nureyev, is the third director work of Ralph Fiennes, well known for his acting career (Harry Potter, Schindler’s List, Grand Budapest Hotel, to name some of the most notorious titles). In this own film, Fiennes decides to play the dance teacher of the dance Academy of St. Petersburg (at that time, Leningrad).
“SANS RIVAGES” DI MATHIEU LIS
A volte si possono incontrare per strada persone che non si conoscono e notare in loro uno sguardo perso e smarrito. Dal volto di un individuo possiamo immaginare la sua storia, da dove viene, cosa ha fatto, perché è solo.
Nel dibattito che ha seguito la proiezione di Sans Rivages, il regista Mathieu Lis ha parlato proprio delle suggestioni che possono venire dagli sconosciuti, suggestioni che lo riconducono al personaggio del suo film. Il protagonista infatti potrebbe essere l’emblema di uno di quegli uomini di cui non conosciamo la storia e Lis stesso ha affermato di non avere idea di quale possa essere stata la vita di Andrea, ma di aver seguito l’istinto nel raccontare gli eventi del film.
Sans Rivages racconta di un uomo anziano la cui esistenza è in declino a causa dell’alcolismo. La narrazione si articola su due livelli: da un lato l’immaginazione, ovvero ciò che Andrea pensa di vivere durante i suoi deliri causati dall’alcool, e dall’altro la realtà, che lo mette di fronte alla sua solitudine e alle sue paure.
“MADELINE’S MADELINE” DI JOSEPHINE DECKER
Una donna che parla di emozioni ad un gatto. Forse.
Una ragazza che fa le fusa a sua madre come se fosse un gatto.
Alcune donne che si muovono su un palco con addosso delle teste di maiale finte, inquietanti come se fossero vere.
Queste alcune immagini mostrate nei primi cinque minuti del nuovo lungometraggio di Josephine Decker che torna al Torino Film Festival con il suo ultimo film. La confusione che ne deriva è l’unico elemento certo che è permesso percepire allo spettatore, e si afferma immediatamente come marca di quest’opera, conturbante tanto nei contenuti che nelle modalità di rappresentazione. Continua la lettura di “MADELINE’S MADELINE” DI JOSEPHINE DECKER
“MADELINE’S MADELINE” BY JOSEPHINE DECKER
Article by: Alessia Durante
Translation by: Letizia Bosello
A woman talking about emotions to a cat. Maybe. A girl purring to her mother as if she was a cat. Some women wandering on a stage with fake pork heads on, creepy as if they were real. These are some of the images shown in the first five minutes of Josephine Decker’s new feature film, presented at the Torino Film Festival. The resulting confusion is the only certain element perceived by the audience, and it immediately appears as the film’s main feature, which is disturbing both in contents and in representation. Continua la lettura di “MADELINE’S MADELINE” BY JOSEPHINE DECKER
“RELAXER” BY JOEL POTRYKUS
Article by: Cristian Viteritti
Translation by: Massimo Campostrini
There are films easy to review and others that are difficult. Relaxer, directed by the American director Joel Potrykus, deserves to enter the second category. The film is certainly one of the most singular and eccentric experiences of the Torino Film Festival: not only comedy and drama, but also science fiction and gore – shown in a totally unexpected way – come together in a mixture ready to explode in the most catastrophic event among all: the Apocalypse.
“RELAXER” DI JOEL POTRYKUS
Ci sono film facili da recensire e film difficili. Relaxer, dell’americano Joel Potrykus, si merita a pieno di entrare nella seconda categoria. Il film è sicuramente una delle esperienze più singolari ed eccentriche del Torino Film Festival: non solo commedia e dramma, ma anche fantascienza e gore – in maniera del tutto inaspettata – si uniscono in una miscela pronta a esplodere nell’evento più catastrofico fra tutti: l’Apocalisse. Continua la lettura di “RELAXER” DI JOEL POTRYKUS